Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
Spiace constatare che, nonostante l'indubbio successo planetario, non manchi mai chi - con il lanternino - non ha difficoltà a trovare qualcosa da ridire. Questo American Sniper è indubitabilmente un film da vedere, compatibilmente con il filone che può piacere o meno. Tecnicamente perfetto - come d'altra parte Eastwood è noto fare -, ottimamente recitato e, per di più, tratto da una storia realmente accaduta. Motivo, quest'ultimo, che da solo è sufficiente a destare l'interesse anche di coloro che solitamente non prediligono il genere. Le riviste Moore e Rolling Stone l'hanno definito troppo stupido per darsi la pena di recensirlo? De gustibus, ma permettemi di dissentire, non si discute con chi esprime certi giudizi stroncanti a priori e del tutto gratuiti. Potremmo disquisire su come sarebbe stato il film sotto la regia di Spielberg (come inizialmente doveva essere), migliore o peggiore? Non credo però che abbia senso domandarselo, accontentiamoci di pensare che sarebbe stato semplicemente e ovviamente diverso.
Eastwood, con la sua indubbia bravura e l'aiuto della tecnica (alla quale questo tipo di cinema ci ha ormai abituati) riesce a immedesimarci nel contesto non facile della seconda Guerra del Golfo. In alcune sequenze anche noi, seduti in poltrona, ci troviamo coinvolti dalle emozioni e paure nelle quali gli "attori" di entrambe le fazioni potevano potenzialmente ritrovarsi immersi. La storia è quella di Chris Kyle, di colui che ha scelto già da ragazzo, come linea guida della sua vita, di essere non un lupo, nemmeno una pecora, ma un cane da pastore con un forte senso della giustizia e, per quanto possibile, votato quindi alla difesa del prossimo. Bradley Cooper "Kyle" è perfettamente calato nel suo ruolo e riesce a trasmetterci le minime sfumature del suo stato d'animo. Alcune sequenze, particolarmente d'effetto (non ve le anticipo), coinvolgono emotivamente lo spettatore come non sempre succede con i film di guerra. Probabilmente entra in gioco la consapevolezza di assistere non a fatti di fantasia ma a qualcosa di realmente accaduto. L'epilogo non è consolatorio, ma questa è la vicenda; Kyle, ormai "leggenda" dopo i 160 "successi", rientrato negli States dopo la sua quarta missione, riuscirà a trovare quel qualcosa che gli permetterà un accettabile reinserimento psicofisico nel suo contesto di vita ma, paradossalmente, incapperà in ciò che pur avendone timore non aveva mai trovato in Irak. Un destino talmente beffardo da sembrare un film!
Non che sia una prova assoluta della bontà del lavoro di Eastwood, ma il fatto che ci si aspettasse una cinquantina di milioni di dollari a fronte di oltre dieci volte tanto ( 543 realmente incassati) dovrebbe far riflettere per cercare di comprendere il motivo di tanto interesse. Forse, se ha riscosso così tanti consensi a livello mondiale, qualche pregio dovrà pure averlo. Qualcuno dovrebbe provare ad accendere tutti i chip mentali disponibili (qualora ne abbiano ancora di spenti) per poter valutare ad ampio spettro.
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