Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
Non si spara mai sulla croce rossa, era quello che si diceva ai tempi delle guerre di Eastwood, quelle alle quali è evidentemente rimasto ancorato. Potrebbe essere l’unica concessione da riconoscere ad American Sniper, la lettura ideologica, il conservatorismo rigido del regista, la vocazione innata a mostrare anche in gesti miserabili la presenza umana ridotta a pura necessità o costretta dal proprio ruolo. Che poi nel tripudio finale del film, sotto le bandiere a stelle e strisce che sventolano, si vedono unicamente reduci di guerra portatori di menomazioni fisiche varie, sembra quasi un disperato tentativo di recuperare la figura umana che non rimarcare le proprie delusioni idealiste. Seppure tratto da un’autobiografia, l’esistenza del protagonista è in linea con uno dei classici stereotipi del regista, un senza nome chiamato “il diavolo” dai nemici, guadagnato sul campo di guerra come implacabile cecchino. Potrebbe integrarsi nel notevole film della Bigelow, il ben più attuale e riuscito The hurt locker (2008) come il suo capitolo qualunquista, American Sniper sembra appropriarsi dell’incipit di quel film, “la guerra è una droga” mentre a parti invertite i soldati artificieri della Bigelow svolgono più la parte del “cane da pastore”definizione “eastwoodiana “ infelice che indirizza il racconto in modo inequivocabile. Il protagonista, Chris Kyle, proviene da un ceto sociale basso, il cui modo di pensare e di relazionarsi con il prossimo è standardizzato,ristretto nei consueti clichè che determinano un’estrema facilitata lettura del personaggio e del contesto in cui vive. Valori e ideali tirati fuori dalle tasche quando servono a giustificarsi, nessun retro pensiero che riguardi la propria vita né verso il modello passivo di sopravvivenza al quale si deve guardare. La guerra, santa giusta intelligente che sia, compresa la battaglia del quotidiano, richiede sempre la figura del buon soldato intorno al quale si rimodella una morale che diventa intima al personaggio e mai rivela un respiro più ampio, magari condiviso. L’etica dell’eroe, anche in negativo, resta sempre focalizzata su di lui e il suo micro mondo, lungi dal poter essere messa in discussione. Eastwood non è interessato ad un pensiero revisionista sull’argomento, American Sniper non contiene una contro bilanciatura al suo protagonista, quando invece i film di riferimento dello stesso genere, cioè di atteggiamento critico verso la guerra, ne hanno offerto l’indispensabilità. Non c’è un soldato Jocker di Full metal jacket, la sodale amicizia de Il cacciatore, tantomeno il profondo eterno dilemma fra bene e male di Willard e Kurtz nel capolavoro di Coppola. Chris Kyle è un simbolo dell’oggi, spara davanti ad ogni cosa che si muove fino a quando ucciso il suo opposto, gli viene a mancare il giocattolone, l’oggetto transizionale del bambino che in questo caso anziché farlo strillare, comincia a fargli vedere più chiaro intorno. L’autobiografia dalla quale il film prende spunto però dice così, gli si può certo restare fedeli, ma quello spazio bianco che la pagina scritta mette in conto al suo lettore non viene assolutamente compensata da un’immagine più completa. L’asse di ripresa di American Sniper concepisce esclusivamente una direttrice che parte sempre dalla posizione di Kyle, denotando una condizione se non di superiorità, almeno di dispensatore della soluzione obbligata, uccide sempre quello giusto, le sue vittime non vengono mai mostrate troppo, le conseguenze non lasciano traccia, automaticamente resettabili come un videogioco. Che poi il punto di vista espresso nel film abbia il potere di scontentare le diverse fazioni che ne ricercano una matrice più ideologica va a tutto merito di Eastwood, a cui però va addebitata la scelta di non mostrare la parte avversa se non nel modo più strumentabile e di non affondare il colpo su di un essere umano molto inferiore alla sacralità dei princìpi che il regista nostalgicamente sostiene. Dopo la monumentale figura di Walt Kowalski in Gran Torino, nel cinema di Eastwood sembrava che la strada giusta per essere riconosciuti fosse finalmente quella di saper vedere anche gli altri, e se per il protagonista di American Sniper ciò non è possibile per i suoi limiti, la condanna o l’assoluzione nei suoi confronti restano molto al di sotto della linea di galleggiamento.
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