Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
Attorno alla storia dello sniper Chris Kyle, Clint Eastwood realizza un film che toppa clamorosamente negli intenti. Qualsiasi essi siano. Il film risulta troppo monotematico e le profonde implicazioni psicologiche su un personaggio controverso, ma dipinto in maniera agiografica, non sono sufficientemente messe a fuoco. Chi prova a guardare nel profondo, trova in American Sniper le tematiche care all’Eastwood-autore, come la complessa ragnatela edipica, ed in generale il valore della famiglia, l’incombenza della morte, ma soprattutto un metodo narrativo che prova ad essere asettico, ma, a partire dalla tematica e dal modo di concepirla e metterla in scena, stavolta risulta schierato, e conoscendo le idee repubblicane del regista, si intuisce in quale modo. L’idea di fondo appare quella di rendere plausibile che uccidere sul nascere un terrorista, ammazzando un uomo prima che ne muoiano cento per mano sua, non tiene conto di numerose dinamiche (invasione americana, in primis), facendo passare la volontà dell’indefesso Kyle come una volontà di pace. Perpetrata (per colpa degli altri e non degli americani chiaramente) a colpi di fucile.
Se il film è onesto o meno lo si capisce dalla scarsa aderenza alla biografia di Kyle da cui è tratta: basti pensare che il bimbo iracheno protagonista della prima scena del film, da cui parte un flashback sul background di Kyle (istruito dal padre a fare il cane da pastore) è un episodio falso. Come falsa, probabilmente, è l’uccisione di Mustafa, o la taglia sulla testa del protagonista. Il film è ipocrita, perché rovescia la cronaca a proprio piacimento, nonostante la realtà dica altro.
Bravo, sempre più bravo Bradley Cooper, qui in versione one-man show.
Il regista di capolavori come Million dollar baby o Gran Torino, qui fa un buco nell’acqua piuttosto imbarazzante. Speriamo non sia la senilità, e che il grande Clint torni a fare film alla Clint.
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