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American Sniper

Regia di Clint Eastwood vedi scheda film

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La recensione su American Sniper

di FilmTv Rivista
8 stelle

 

Chris Kyle, ex cowboy, si arruola nei Seals e viene spedito in Iraq. È un formidabile cecchino, salva la vita a molti Marines coprendoli dai tetti, partecipa in prima persona alle azioni di rastrellamento, ammazza 160 nemici. La moglie, a casa, lo convince però a modificare, dei valori primari, l’ordine degli addendi: da Dio Patria e Famiglia a Dio Famiglia e Patria. Il nuovo film prodotto e diretto da Clint Eastwood è tratto dall’autobiografia omonima di Kyle pubblicata in Italia da Mondadori. Un progetto ereditato da Steven Spielberg, altro regista chiamato a dirigerlo, come già era accaduto in passato con Un mondo perfetto. Il film è ideologicamente cristallino: non ci sono dubbi su chi siano i buoni, l’idea eastwoodiana di racconto è western, Falluja è la nuova Frontiera, nessuna sorpresa che i miliziani di Al Qaeda siano selvaggi, perché sarebbe come stupirsi se i cactus pungono. Il fatto che la guerra sia necessaria (evidentemente anche quella di Cheney, Rumsfeld & co.) non significa sia bella e neppure giusta. Eastwood la descrive nella sua ineluttabile tragicità, senza fare sconti, e anzi le due sequenze di Kyle al cellulare con la moglie Taya mentre infuria la battaglia - in particolare la seconda, quando la donna, incinta, quasi perde il bambino - oltre a essere magistralmente costruite contribuiscono a rendere ancora più assurda la situazione. Si tratta di un paradosso solo apparente, non c’è complessità morale nel pensiero e nell’azione di Kyle, che, anzi, nel libro esalta la schiettezza sudista di chi sa distinguere il bene dal male, contrapposta ai rovelli yankee. Eastwood aderisce perfettamente alla visione del soldato, che è poi la stessa del suo cinema. L’idea di narrazione di Clint parte sempre da individui come l’American Sniper, dalla loro assunzione di responsabilità e dall’impresa che sono chiamati a compiere. Non esiste un'idea positiva di comunità senza modelli individuali e il cecchino Chris Kyle, votato votato al sacrificio e mito in sé(tra i commilitoni è soprannominato "la leggenda") è appunto quello necessario agli Stati Uniti. Oggi che c'è Obama, il presidente "socialista" e non interventista, più di ieri. Il finale elegiaco, bellissimo, dice una volta di più della coerenza di uno straordinario cineasta americano.

 

 

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 1 del 2015

Autore: Mauro Gervasini

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