Regia di Henry Hobson vedi scheda film
Ci sono voluti anni per portare a compimento la realizzazione di "Maggie",e l'arrivo di Arnold Schwarzenegger in doppia veste di coprotagonista e coproduttore, ha permesso la riuscita dell'operazione: pur non essendo più un nome da incassi spaventosi, lo stagionato Arnie è sempre un nome di peso nell'industria cinematografica americana. In un'epoca in cui gli zombies, soprattutto dopo il successo straordinario della serie tv "The Walking Dead", sono diventati un genere di successo della narrativa su schermo, di qualsiasi misura sia, viene qui narrato il controcanto drammatico dell'orrore, dalla parte delle vittime, solitamente puramente funzionali alla tensione e agli effetti più forti. Non c'è spiegazione, come nei film di Romero, si diventa morti viventi lentamente, dopo essere stati infettati, e non c'è medicina che tenga: coloro che diventeranno zombies, affamati di carne viva, verranno prelevati e spediti in "quarantena", il che significa che saranno rinchiusi in edifici sigillati, a sbranarsi tra loro, cercando di contenere il virus e le sue letali conseguenze. L'adolescente Maggie è stata morsa, e viene riportata a casa dal padre, Wade, che nonostante le regole, non se la sente di abbatterla o consegnarla alle autorità, seppure i segni della perdita di controllo della ragazza e del male che la sta mutando siano sempre più chiari ed evidenti. La regia di Hobson, venuto dalla pubblicità, è tra le cose che limitano un pò questo film girato con pochi soldi, ma ben svolto: si può definirlo più un dramma con sfondo e venature orrorifiche, che un horror vero e proprio. Il dilemma straziante che affligge un padre incapace di mettere fine a un processo di peggioramento della sua creatura è ben reso, intelligentemente non si sono assegnati monologhi di dubbia credibilità all'ex-Conan, ma il suo personaggio esprime una dolenza forte, passiva verso l'inesorabilità della malattia, e resistente contro chi vuole strappargli la cosa che più ama al mondo, rivelando un attore migliore di come lo abbiamo sempre inquadrato. Abigail Breslin, nella sostanza la vera protagonista del film, dà risalto alla tragedia di una ragazza che non conoscerà altri sviluppi della propria esistenza, con spessore e partecipazione. E la malinconia nascosta nella fertile età della seconda fase della giovinezza viene fuori con tutta la sua crepuscolare bellezza. Atipico, per questo destinato a scarso successo commerciale.
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