Regia di Gabe Ibáñez vedi scheda film
Nel 2044 l’uomo ha spremuto la Terra come un limone e la popolazione mondiale ammonta a 20 milioni di anime, compresse fra ampie zone di deserto radioattivo. Jacq Vaucan, un Deckard più dimesso e impiegatizio, verifica i danni subiti dai Pilgrim 7000, il più diffuso modello di robot-manovale, scoprendo che alcuni automi sono stati modificati in modo da oltrepassare i propri limiti di intelligenza artificiale. Violando il “secondo protocollo” (variazione sulle leggi della robotica di Asimov) possono evolversi con rapidità fulminea; ma c’è posto per gli uomini nel loro futuro? Il madrileno Ibáñez, già autore di effetti speciali per Álex de la Iglesia, si inserisce nel solco della sci-fi umanistica alla Duncan Jones, facendo di bassissimo budget virtù: il disastro energetico immaginato dal plot comporta una regressione tecnologica, occasione per dispiegare un immaginario di modernariato, dove l’eroe Banderas comunica tramite cercapersone e fax. Dalla poetica di Jones, Ibáñez preleva anche l’idea chiave di una rivoluzione che escluda l’uomo: sono i robot (vintage anche loro: realizzati in animatronica e telecomandati) a rompere il circolo vizioso, uscendo dalla modalità “default” per cui sono programmati. Un B movie onesto e volenteroso, con uno script non all’altezza delle intuizioni di messa in scena e qualche simbolismo forzato (i robot pellegrini, di nome e di fatto, nel deserto), che persegue un’idea di fantascienza non becera.
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