Regia di Brad Peyton vedi scheda film
True disaster.
Non sull'incredibile moto tettonico di Alexandra Daddario bensì è su quello, assai meno spettacolare e senz'altro più piatto, della famigerata faglia di Sant'Andrea (oltretutto già ampiamente sfruttata da cinema e tv) che si concentra quest'ennesimo disaster movie.
Un disastro di film? Non proprio, giacché mantiente quanto promette (leggere alla voce del genere di appartenenza). Ma pessimo sì: perché è esattamente quello che ci si aspetta; e per molti versi finanche peggio. La fattura da serie b, almeno, smorza il conclamato livello di becerume: discreta (gli effetti speciali, le sequenze movimentate), senza le risibili ambizioni dei catastrofici ad alto budget (le tante sciocchezze emmerichiane, ad esempio, per quanto ne conti un buon centinaio anche questo), e ben lontana dall'inaccettabile immaginario scult-demenziale della Asylum.
A rendere alquanto balordo San Andreas, semmai, è quella sorta di inenarrabile aria ecunemica-familistica-patriottica che domina (su) tutto; a cominciare dalla sceneggiatura, mastodontico tsunami di scemenze che pare il risultato di una gara a chi le spara più grosse.
Le ondate di stereotipi, s'intende. Talmente tante, onnipresenti - onnivora manifestazione della morte di qualsiasi fantasia - che, ad ogni situazione o battuta o dialogo o comportamento ci si ritrova a pensare dove li abbiamo già visti, sentiti, subiti. Un collage - peraltro poverissimo nel suo essere mero riporto - di schemi, formulette e banali diagrammi da impiegato del mese: il "mostro" filmico non si fa problema alcuno e procede dritto per la sua strada disseminata di cliché, (ultra)déjà vu e ruberie gratuite ed assortite.
Per cui, non deve stupire che protagonista sia il classico uomo - supervigile del fuoco nonché spericolato pilota di elicotteri (che poi uomo, insomma ... è Dwayne Johnson, metà carne metà muscoli metà steroidi: i conti non tornano, ovvio) - in missione per salvare (la quasi ex) moglie (Carla Gugino), figlia (la munifica Daddario di cui sopra) e il proprio animo tormentato per non aver saputo salvare, in passato, l'altra figlia. E c'è pure di mezzo il nuovo compagno di lei (il fu Mister Fantastic Ioan Gruffudd), che ovviamente è ricco, stronzo e avrà di conseguenza la punizione divina che si merita (ma quale spoiler, siamo seri). Toh, chissà dove l'ho già vista. E quante volte. Come, d'altronde, il finale: nel momento esatto in cui vediamo la figlia affogare sappiamo con certezza che cotanto padre la farà ritornare in vita.
I personaggi sono così monodimensionali, così puerilmente abbozzati nelle loro schematissime, superficiali psicologie che - bisogna ammetterlo - ci vuole del talento. Non è facile, per tutti i terremoti. Nel vetusto calderone finisce - evidentemente per "nobilitare" in qualche modo l'opera - un attore di razza come Paul Giamatti: è il sismologo che, dopo aver perso sul campo lo stimatissimo amico-collega (ed aver sottratto a fine certa una bambina dal crollo di una diga) riesce in circa centoventi secondi netti a scoprire come prevedere gli eventi sismici. Wow! Da segnare inoltre un cameo di Kylie Minogue: che ci stia a fare non è chiaro, che si stia qui a darne conto altrettanto.
All'appello mancherebbe un accenno di (castissimo, sia mai) sentimento ... c'è, e riguarda la figlia dell'eroe e un ragazzo bravo che più bravo non si può.
Ma è inutile stare a cercare preziosi quando si è in mezzo alle macerie e con l'acqua quasi alla gola ... però un minimo di senso e di idee proprie, sì. Come è altresì lecito chiedere una recitazione che non sia così fieramente canina (Giamatti, poverino, fa quel che può), una gestione dei tempi che non sia elementare e alimentare (quando cala l'azione cala la palpebra), un respiro magari più cinematografico anziché appiattito verso certi modelli televisivi da catena di montaggio.
Non importa, comunque: nell'ultima scena il quadretto familiare si ricompone mentre l'inquadratura scivola con passo felpato verso la sventolante bandiera a stelle e strisce, e Dwayne Johnson che, rispondendo alla domanda della mogliettina ritrovata - «cosa faremo ora?» -, tronfio tronfio fa: «ricostruiremo tutto».
Una (prevedibilissima) minaccia.
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