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Il testimone

Regia di Jean-Pierre Mocky vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il testimone

di hallorann
4 stelle

Il pittore romano Antonio Berti si reca a Reims in Francia su invito dell’amico Robert Maurisson con l’incarico di restaurare alcuni affreschi danneggiati della celebre cattedrale. Durante il soggiorno Berti conosce varie donne tra cui Cathy, giovane modella che posa per il suo restauro. Questa una sera viene ritrovata violentata e strangolata in una casa di proprietà di Robert. Antonio che stava rincasando è convinto di aver visto l’amico fuggire di nascosto dalla sua casa proprio la sera del delitto. Le indagini del commissario Guerin si concentrano sui due amici. L’uno è il vero assassino, l’altro il testimone pasticcione e reticente su pressione di Maurisson, il quale appartenente a una famiglia in vista si crea un alibi coniugale. Il povero Berti, straniero in terra straniera, da testimone passa per indiziato. Il padre della vittima venuto a sapere il nome del presunto carnefice della figlia uccide con una fucilata Berti. O almeno è convinto sia lui, invece è Maurisson con l’auto dell’italiano che su consiglio del subdolo amico francese sta per scappare in Belgio. I gendarmi francesi lo bloccano in tempo alla stazione per arrestarlo e la giustizia per condannarlo alla ghigliottina. In carcere Antonio chiede clemenza al Presidente della Repubblica Francese. IL TESTIMONE è una micidiale coproduzione italo-francese diretta da Jean-Pierre Mocky e interpretata da Alberto Sordi e Philippe Noiret. Già nel 1972 il comico romano si era misurato in LA PIU’ BELLA SERATA DELLA MIA VITA con alcuni grandi nomi del cinema francese (Michel Simon, Charles Vanel, Pierre Brasseur) e con una situazione assurda. Se nel film di Ettore Scola era uno squallido uomo d’affari che esportava denaro in una banca svizzera, qui recita al fianco del grande Noiret nei panni di un uomo sfortunato e ingenuo che rimane coglionato da un amico e dalla giustizia d’oltralpe. L’assunto è quasi paradossale, l’andamento narrativo, drammaturgico e quant’altro è incerto e improbabile. Come giallo non regge, e allo stesso modo il fatto che Robert e famiglia siano dell’alta borghesia e quindi possano farla franca a priori (ubi maior minor cessat). Anche per il povero Berti non si prova indignazione, commozione o rabbia, un po’ alla fine quando scrive la lettera da condannato a morte ma non sappiamo se verrà graziato perché le orribili musiche di Piero Piccioni (davvero inappropriate per l’occasione) lanciano i titoli di coda. Sordi con capelli a spazzola fa la faccia pavida e attonita per buona parte del film, il momento migliore (e più ridicolo) della sua performance è quando viene mandato in bianco da una sua conquista e a causa di questo rincasa presto a casa, monologa alla sua divertente maniera e vede ciò che non deve vedere. Noiret si destreggia meglio ma il copione scritto da troppi: Sonego, Caminito, Amidei (lo stesso Sordi per la versione italiana) più il regista e Jacques Dreux lascia a desiderare e la messinscena delude senza appello.

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