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Cristian e Palletta contro tutti

Regia di Antonio Manzini vedi scheda film

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La recensione su Cristian e Palletta contro tutti

di mck
7 stelle

Finale di Partita per i due reciproci amici del giaguaro...

 

 

L’attore (in tante fiction tv di scarso valore nell’orbita rai/mediaset, ma anche in un paio di bei ruoli - “Non è Giusto” e “il Resto di Niente” - per A. De Lillo: praticamente un Carlo Calenda che ce l’ha fatta), scrittore di romanzi e racconti (la serie poliziesca con protagonista Rocco Schiavone e altri noir & dintorni del tutto autonomi), sceneggiatore per Infascelli e Salvatores e già regista di qualche cortometraggio e documentario Antonio Manzini – che io confondo sempre, senza un vero perché (a patte il fatto che entrambi sono giallisti sellerini), col Marco Malvaldi de “i Delitti del BarLume”: è solo una questione di consonanze non letterarie ma letterali, con tutte quelle “m” e quelle “a”… – esordisce nella direzione di un lungometraggio - da lui scritto e per il quale si riserva una piccola particina amfetamminica al (o meglio, nella stanza a) fianco di Kelly Palacios - con questo “Cristian e Palletta Contro Tutti”, là dove - entrambi reduci da “Smetto Quando Voglio” - Cristian è Libero De Rienzo (“la Via degli Angeli”, “À ma sœur!”, “Santa Maradona”, “A/R - Andata + Ritorno”, “Mundo Civilizado”, “Sangue - la Morte Non Esiste”, “Fortapàsc”, “Miele”), Palletta è Pietro Sermonti (in una via di mezzo fra il realismo mainstream di “Tutto Può Succedere” e il surrealismo iperrealista di “Boris”) e Tutti sono il Lavoro (in nero), il Matrimonio [che, se pure da contrarre con una tanto brava...

 

 

...quanto bella (vale a dire: molto) Margherita Vicario ("Arance e Martello", e ottima cantautrice), sempre un matrimonio è], la Svolta ("il Grande Salto") e – tramite Roma nelle persone dei bravissimi Dario D’Ambrosi (milanese, che il regista potrebbe aver conosciuto sul set del “Titus” di J.Taymor) e Tullio Sorrentino [napoletano, già al lavoro col regista nel segmento “Gruppo di Famiglia in un Esterno” del film collettivo “Intolerance”, e poi in “Rocco Schiavone” (al fianco di Marco Giallini, Francesco Acquaroli e Mirko Frezza) oltre che in “Dov’è Mario?” e “il Miracolo”] – la Puglia: quella foggiana al confine col beneventino di Rocco Ciarmoli (“Boris”), quella foggiana “al confine” col frosinate di Gino Nardella (il Casella di “Rocco Schiavone”), quella brindisina e mitologica dello zoo di Fasano e quella cosmopolita della Sacra Corona Unita.

 

 

"Fare il tuo stesso lavoro? Resisterei di più sott'acqua." - Cristian a Palletta.


Le sottili trame se non attendibili almeno plausibili e se non ragionevoli per lo meno verosimili trovano “sostegno” s’un’impalcatura del tutto irrealistica: questa dicotomia crea attrito respingente che al contempo però genera tanto sospensione dell’incredulità quanto sano vattelappesca, memore dell’esergo dal Finale di Partita beckettiano: “Hai mai pensato a una cosa?” - “Mai.”

 


Fotografia di Antonello Emidi (“Come Trovare nel Modo Giusto l’Uomo Sbagliato”) che in una lunga panoramica a ruotare verso sinistra inquadrando la steppa pugliese inserisce in post-produzione come da prassi il filtro caldo-arsura che vira tutto verso il giallo-messicano: Soderbergh in “Traffic” lo utilizzava come ricercato dispositivo/registro/modalità di racconto atto a compartimentarne gli atti, qui è - si spera - un scherzetto altrettanto voluto e consapevole. Montaggio: Marco Spoletini (Matteo Garrone, Gianni Di Gregorio, “Corpo Celeste”, “la Terra dell’Abbastanza”). Musiche di Carratello & Ratchev (“il Rosso e il Blu”, “Lontano Lontano”). Produce la Combo di Flavia Parnasi con Apulia Film Commission, Regione Lazio e MiBACT (cioè io, non so voi).

 

 

            - "Hai mai pensato a una cosa?"

            - "Mai."

          [- "Che qui non siamo in un buco."]   

 

     Samuel Beckett - "Fin de Partie" - 1955-'57

 

 

* * * ¼ - 6½

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