Regia di Mario Bonnard vedi scheda film
Al suo esordio al cinema Fabrizi porta sullo schermo uno dei suoi personaggi più amati a teatro: il bigliettaio del tram. Ma L'ambientazione "tranviaria" è solo un pretesto per far partire una commedia rosa scritta con brio e inventiva e recitata con grandissima professionalità
Fabrizi ha alle spalle una solidissima carriera teatrale e sa d'istinto ciò che vuole il pubblico. Per almeno due terzi del fil gli elementi romantici si amalgamano bene con la commedia. I tanti momenti comici si susseguono ai momenti romantici con un'abilità che niente ha da invidiare alle grandi commedie americane. Fabrizi, sempre ottimo, ci dimostra di essere un attore completo capace anche di farci piangere.
Poi nell'ultima parte si scivola forse un po' troppo nel melodrammatico. Il comico-patetico diventa patetico-patetico: il bello-e-alla-fine-pure-buono Bruno vince sul buono-e-basta Cesare. Le sartine si sentono rassicurate e vanno a casa con il cuore più leggero. Gli altri escono dal cinema (o spengono il lettore DVD) con un po' di amaro in bocca per un finale tanto scontato quanto, alla fine, sincero.
Parata propagandistica finale a parte, dopotutto siamo nel 1942, il film non fa mai accenno ne alla situazione politica del periodo (a parte un paio di battute di cui una smaccatamente anti-comunista).
Molti critici lo considerano "un’anticipazione del neorealismo" anche se sarebbe più corretto definirlo un "antipasto" del neorealismo-rosa.
Da riscoprire.
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