Regia di Billy Wilder vedi scheda film
Più volte saccheggiata dal cinema, Agatha Christie non amava gli adattamenti dei suoi romanzi ma aveva una predilezione per Testimone d’accusa, tratto da una sua popolare commedia. Come darle torto. Se un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza e tre indizi fanno una prova, allora è un indizio che la clamorosa macchina narrativa funzioni perfettamente nella costruzione di un giallo compiuto fondato sul tema dell’occultamento attraverso una concatenazione di colpi di scena. È quindi una coincidenza che la centralità della finzione (persone che si fingono altre, sentimenti che ne coprono altri) corrisponda ad una messinscena che esalta magnificamente la perversione amorosa, l’inganno sempre in agguato, la sfiducia nei confronti della verità – e in questo Wilder è spietato con la spregiudicata capacità di non garantire mai l’ordine perduto: la fosca fotografia di Russell Harlan l’aiuta specialmente nei flashback tedeschi. Ed è infine una prova la straordinaria maestria di Charles Laughton, malandato avvocato di grido che si fa quintessenza dell’intelligenza così come la (consapevolmente) leggendaria Marlene incarna il fascino decadente dell’ambiguità. Grandissimo giallo sulla simulazione (le menzogne sul chi ha ucciso chi), sul matrimonio (perché uccidere – ma anche, in antitesi, il rapporto di fatto tra Laughton e la governante Elsa Lanchester), sull’ingegno (il grande sconfitto è il genio, campione della verità).
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta