Regia di Billy Wilder vedi scheda film
Il genio di Billy Wilder stavolta è alle prese con una piece di Agatha Christie, scrittrice che non è mai stata molto considerata dalla critica letteraria. La struttura teatrale rimane anche nel film, tutto ambientato fra la casa dell'avvocato Sir Wilfred e il tribunale dove si svolge il processo, con qualche flashback che visualizza il passato di Leonard Vole, ma siamo lontani dal teatro filmato grazie al sapiente ritmo cinematografico delle sequenze, alla densità dei dialoghi e alla brillante regia che valorizza il dinamismo dei colpi di scena presenti nel testo della Christie. Il film è un "giallo" che oscilla fra dramma e commedia e dimostra ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, la padronanza della materia del regista per ognuno dei generi citati (le scenette quasi comiche dei bisticci fra l'avvocato e l'infermiera sono esilaranti e alleggeriscono la tensione dell'intreccio poliziesco). Anche qui il doppio gioco, l'inganno e il travestimento sono gli assi portanti della trama, confermando che il materiale è stato del tutto assimilato nell'universo del regista. E che cast eccezionale: Charles Laughton gigioneggia con grandissima classe accanto a sua moglie Elsa Lanchester, spassosa nella parte dell'infermiera; Marlene Dietrich gioca a fare la donna fatale anche in età matura con esiti di grande fascino e Tyrone Power, in una delle sue ultime interpretazioni, dimostra di essere qualcosa in più del fatuo belloccio protagonista di film di poco spessore, ma anche un interprete sottile e ricco di sfumature. All'Oscar ebbe diverse nomination, comprese quelle per gli attori Laughton e Lanchester, ma non vinse nessun premio. Fra le varie scene, mi ha colpito soprattutto la "prova del monocolo" da parte di Laughton sul viso di Power e Dietrich, il flashback in Germania in cui i due si conoscono e la Dietrich è obbligata a mostrare le gambe a un manipolo di soldati eccitati, e poi naturalmente l'imprevedibile finale.
Voto 9/10
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