Regia di Adam Brooks, Matthew Kennedy vedi scheda film
The editor è un prodotto ruffiano, che si rivolge ad un pubblico “di nicchia” e con buona memoria.
Perché? Perché il film è una lunga sequenza di scene a citazione di vecchi film culto (diventati culto in questi ultimi anni) che hanno un senso solo se ci si ricorda a quale film sono ispirate.
Se per i primi 15 minuti il gioco di “indovina qual'è?” può risultare simpatico e divertente, in seguito risulta pesante se non noioso. Ho già visto i film ai quali i due registi Adam Brooks e Matthew Kennedy si ispirano (Brooks e Kennedy ricoprono anche i ruoli dei protagonisti, rispettivamente il montatore e il commissario), avrei quindi gradito che dopo un iniziale omaggio al cinema che fu, ci fosse un minimo di idea originale, di storia supportata da qualche scena che non fosse un semplice “ricordo”.
La trama è quindi un semplice pretesto per creare tutta una serie di omaggi, in primis al nostro bel cinema anni '70, con un Lucio Fulci in testa per la quantità di scene e personaggi citati.
Lo stesso protagonista della storia è un rimando al “Un gatto nel cervello”, dove invece del regista killer c'è un probabile assassino che fa il montatore per una casa di produzione di B-Movie.
Poi a seguire in ordine sparso: “L'aldilà! E tu vivrai nel terrore”, “Lo squartatore di New York”, “Quando Alice ruppe lo specchio”, “Aenigma”... non mancano gli inseguimenti poliziotteschi, le ragazze scollacciate, e anche delle citazioni a Cronenberg e Dario Argento naturalmente.
Lo stesso Adam Brooks è una fotocopia imbarazzante del nostro Maurizio Merli, e molti dei nomi dei personaggi presenti sono italiani -Giancarlo, Giuseppe, Veronica e Dr.Casini-.
Non manca il cameo della guest star con Udo Kier, che per queste chicche non si tira mai indietro e nella ultima battuta si autocita con “Dracula cerca sangue di vergine...e morì di sete”.
Molti gli effetti speciali, sicuramente molti di più rispetto a quelli che avevano a disposizione in origine i registi omaggiati.
Rimane quindi un film divertente ma fine a se stesso, che alla fine stanca, a meno che non si prenda come gioco di società da fare tra amici: “da che film è stato ripresa questa scena?”... e magari se si mette un punteggio con dei premi finale, può assumere un sapore differente anche la visione finale.
Insomma avevo caricato questo filmetto di troppe aspettative, e sicuramente questo esagera la mia acidità nel giudicarlo.
Una riflessione però l'ho avuta a fine visione.
Lucio Fulci è morto solo, in difficoltà economiche, aiutato negli ultimi mesi da Dario Argento con il quale in passato non aveva avuto ottimi rapporti. I suoi film, anche i più belli (e ce ne sono) sono stati stroncati dalla critica in maniera feroce e ingiusta, spesso senza nemmeno essere visti.
Lucio Fulci ha continuato a lavorare fino alla fine, anche quando si trovava su una sedia a rotelle, dimenticato da molti (ma non da tutti per fortuna). Mi chiedo... chissà che direbbe oggi: omaggiato e citato continuamente da grandi registi che lo reputano un punto di riferimento per i loro esordi (Tarantino e McLee ad esempio), retrospettive ai festival di genere o su canali televisivi di maggior ascolto, articoli sulle riviste specializzate in cui gli vengono attribuiti tutti gli onori e i meriti che non gli sono stati concessi in vita. Che brutta abitudine, spesso molto italiana, quella di aspettare la morte di un artista per accorgersi della sua grandezza.
Se devo dare un consiglio a chi legge questa mia recensione è di andarsi a vedere i tanti bei film di Lucio Fulci... quelli sì di una creatività originale che a quanto pare oggi manca a molti.
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