Regia di Robert Zemeckis vedi scheda film
Robert Zemeckis inscena un film che è una specie di summa della sua carriera, mixando insieme biopic, documentarismo, sensazionalismo e spettacolarità. Il regista statunitense tuttavia finisce per confondere un po’ troppo le acque, al punto che la storia del funambolo francese Philippe Petit, che affrontò la camminata sospeso su un filo tra le due Torri Gemelle nel 1974, risulta un’operazione finta e a tratti noiosa.
L’azzardo di mettere una voce fuori campo “in campo”, ma soprattutto l’oltraggio ai fondamenti cinematografici per cui il protagonista, un bravo Joseph Gordon-Levitt, guarda impunito dritto nella macchina da presa, sono addirittura leziosità trascurabili rispetto al disequlibrio della sceneggiatura e alla falsità degli intenti. Non disturbano i continui, ingiustificati dialoghi in francese, quanto invece è fastidiosa l’agiografia del protagonista, ingiustificatamente con le Twin towers sullo sfondo manco fosse la presentazione di uno spettacolo di magia di David Copperfield.
Ciò che risulta davvero indigeribile, tuttavia, è quell’american way of life che trasuda da alcune scene, per cui la ragion d’essere del film pare la volontà di narrare quando e come sia nato l’amore degli americani per le Twin Towers. Quella di “The walk” in definitiva è una sorta di narrazione fittizia che va a parare, fuori dall’allegorismo, alla malcelata accettazione della tragedia dell’11 settembre 2001: se il film è biografico parla della genesi e delle peculiarità delle torri, piuttosto che del funambolo francese.
Il film è tutta tecnica e pochissima sostanza. Qui l’unico colpo di genio di Zemeckis pare quello di aver fatto coincidere l’uscita del film coi festeggiamenti planetari per i trent’anni del suo capolavoro inarrivabile “Ritorno al futuro”, un film in cui l’estetica filmica era un supporto fondamentale per una scrittura che puntava alla perfezione, andandoci decisamente vicina.
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