Torna l'antologia horror ispirata alle lettere dell'alfabeto. 26 e più modi per morire o semplicemente per soffrire. Ma tanto tanto.
Dopo un primo film che aveva dettato le coordinate del genere ( ispirarsi a una lettera che rappresenta l'iniziale del titolo, un budget di 5000 dollari e un film al massimo di 4 minuti o giù di lì) tornano i terroristi dell'alfabeto che declinano la morte e la sofferenza in meno di cinque minuti.
C'è un cambio totale del cast registico rispetto al primo episodio , si pesca un po' in tutto il mondo, addirittura c'è un episodio diretto da un regista nigeriano, Lancelot Oduwa Imasuen, ma non c'è nessun regista italiano convocato per l'occasione.
Insomma continuiamo ad essere oltre il terzomondo cinematografico.
Se l'intento di questa antologia è quello di rappresentare un po' il termometro della scena horror mondiale contemporanea, direi che stiamo messi abbastanza bene, ma sinceramente non so se possiamo prendere questo ABCs of Death 2 come pietra di paragone per quello che sta vivendo il genere horror in questi ultimi tempi, non giurerei sulla sua attendibilità.
Pur avendo un minutaggio praticamente uguale a quello del primo film , personalmente ho trovato questa seconda antologia di corti meno sfiancante della precedente, forse nel frattempo ho fatto un certo allenamento o molto più probabilmente ho avuto meno la sensazione di andare sulle montagne russe in quanto a qualità.
Diciamo che questo secondo capitolo appare qualitativamente molto più omogeneo del primo e questo lo rende decisamente più fruibile.
Altra cosa che me lo ha reso un po' più leggero da vedere è la quasi assenza di corti d'animazione ( l'animazione in campo horror la digerisco poco) e di riempitivi che qua e là affioravano nel primo film.
D'altra parte forse non c'è la vetta assoluta che faccia ombra agli altri episodi, forse anche perché sono quasi tutti di buonissima qualità.
Nell'altra antologia era XXL di Xavier Gens che si stagliava nettamente sopra gli altri.
Qui è più difficile trovarlo a tutto vantaggio dello spettatore.
Scorriamo velocemente gli episodi che mi hanno più colpito.
Il primo segmento che colpisce è B for Badger, gioiello di humour inglese nerissimo in cui una troupe televisiva ha un incontro un po' troppo ravvicinato con un tasso che fa letteralmente a pezzi la star del documentario.Diretto da Julian Barratt,soprattutto attore e specialista in commedie.
Fa salire il cuore in gola
C for Capital Punishment di Julian GIlbey (
A Lonely place to die qui a bottega è stato molto apprezzato), più thriller che horror , da prendere come un accorato apologo contro la pena di morte ibridato beffardamente con la legge di Murphy perchè all'incolpevole protagonista le cose non vanno male, vanno malissimo.
Arriviamo quindi a uno dei pesi massimi di questa antologia , F for Falling , diretto dagli israeliani Aharon Keshales e Navot Papushado ( l'acclamato Big Bad Wolves), un modo originale di rileggere il sempiterno conflitto israelopalestinese condito di sarcasmo feroce per come il destino disegni traiettorie beffarde.
I for Invincible di Erik Matti è uno dei più vivaci con una matrona che non ne vuol sapere di trapassare, J for Jesus del brasiliano Ramalho farà tremare le vene nei polsi dei bigotti benpensanti ultrareligiosi .
Bello anche K for Knell di due registi lituani ( Bruno Samper e Kristina Buozyte ) un episodio che oltre all'horror mette dentro tanta sci fi vintage e che in meno di cinque minuti mette una discreta angoscia addosso.
L for Legacy , l'episodio del succitato nigeriano Lancelot Oduwa Imasuen ( uno che a poco più di 40 anni ha già più di 70 titoli all'attivo) si segnala più a livello folkloristico che altro.
Mi è piaciuto anche
N for Nexus di Larry Fessenden ma lui non è certo una scoperta, così come il beffardo
Q for Questonnaire di Rodney Ascher.
R for Roulette di Marvin Kren ( discretamente considerato qui a bottega dopo Rammbock e Blood Glacier ) è girato in un elegantissimo bianco e nero , quasi un abito da sera, ma soffre di una tremenda sensazione di deja vù.
Il miglior episodio del lotto è S for Split del madrileno ( ma trapiantato a Los Angeles) Juan Martinez Moreno che, tenendo fede al titolo gira tutto in split screen anche multiplo raccontando una storia che sembra ordinaria ma che nasconde in realtà risvolti del tutto inaspettati.
Quasi dispiace che finisca così presto.
Bello anche
X for Xylophone dei miei amati Maury e Bustillo che rispolverano per l'occasione Beatrice Dalle e il suo diastema per regalarci cinque minuti veramente inquietanti, mentre l'apoteosi dello schifo la raggiunge senza dubbio
Z for Zygote di Chris Nash , un tecnico degli effetti speciali passato dietro la macchina da presa e direi che la cosa si nota.
Ci sono ahimè anche due delusioni piuttosto cocenti in questa antologia: la prima è T for Torture Porn delle Soska Sisters che a cotanto titolo non fa seguire uno svolgimento adeguato perdendosi dietro alle solite rivendicazioni veterofemministe , la seconda è U for Utopia di Vincenzo Natali che è un'episodio sostanzialmente vuoto, un bel contenitore con il nulla dentro.
A parte questo per gli appassionati c'è veramente tanta roba da vedere....
PERCHE' SI : abbuffata pantagruelica, qualità livellata verso l'alto, alcuni episodi notevoli
PERCHE' NO : frastornante per chi non è abituato, un paio di episodi deludenti per i nomi coinvolti
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta