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Alvorada Vermelha

Regia di João Rui Guerra da Mata, João Pedro Rodrigues vedi scheda film

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La recensione su Alvorada Vermelha

di alan smithee
8 stelle

locandina

Alvorada Vermelha (2011): locandina

 

Un primo piano su una scarpa a tacco alto, anzi altissimo, che si staglia nera e sinuosa sul bordo di una strada trafficata del centro di Macao. Simbolo di una vita notturna che volge al termine col sopraggiungere dell'alba di un nuovo giorno. Vetture in corsa sfiorano la calzatura e la schivano finche' un camion la ribalda e la travolge nei pressi di una inferriata ancora chiusa, ma dentro la quale luci e rumori di attivita' in corso tradiscono inequivocabilmente una attivita' gia' avviata. E' il "Mercato vermiglio" della citta' di Macao, ex colonia portoghese ora parte integrante della Repubblica popolare cinese, città dove il regista Rui Guerra ha trascorso l'infanzia. E' l'alba vermiglia del titolo della prima tra le quattro collaborazione tra l'ormai celeberrimo regista portoghese Joao Pedro Rodrigues e l'altrettanto portoghese (ma vissuto appunto a Macao) Joao Rui Guerra da Mata (cui sono seguiti lo splendido lungo "A ultima vez que vi Macau"  e i due corti "As the flames Rose" e il misterioso ed enigmatico "Mahjong").

Un alba che si tinge del rosso del sole di una nuova giornata in arrivo, ma soprattutto del porpora del sangue della macellazione di animali piu' svariati. Ecco infatti che la telecamera dei due cineasti si insinua tra i meandri dei freddi tavoli da macello dove quarti di maiale vengono distesi per la macellazione, dove polli vivi vengono sgozzati dalle arnie che li contengono e dalle quali essi neanche sentono piu' l'istinto di fuggire, nonostante si trovino faccia a faccia coi cadaveri dei loro simili spennati e decapitati 

 

 


proprio di fronte a loro, e dove operai esperti e lesti procurano loro una morte (speriamo rapida) con un taglio preciso e calcolato da anni ed anni di esperienza; poco piu' avanti in vasche di acqua corrente pesci di tutte le specie nuotano per l'ultima volta, prima che un coltello affilato li sezioni ancora vivi per preservarne qualita' e freschezza: guizzi di vita che abbandonano corpi sezionati, mentre le dita adunche di un vecchio indicano quale tra le anguille dilaniate e agonizzanti risulta la sua prescelta.

 

 

Poco distante altre gabbie contengono rane, tartarughe verdi dal ventre molle, certamente destinate a ad una fine non dissimile. Rodrigues e Rui Guerra filmano e documentano, ma si astengono opportunamente da ogni considerazione o valutazione animalista o moraleggiante: e' un mercato di cibi animali come tanti altri al mondo: siamo una specie che consuma, che distrugge risorse, e un mercato di generi alimentari freschi e' un lager di sopravvivenza di una specie ai danni di molte altre. Nel rosso di una carneficina quotidiana che inizia prima dell'alba e termina nelle prime ore di luce con getti d'acqua potenti che puliscono via ogni traccia purpurea, al pari di quella che il sole, alzandosi in cielo, fa sparire dall'orizzonte, tra le vasche d'acqua fresca e il luccichio della corrente si intravede, come un ironico e bizzarro miraggio, una sirena sinuosa che alla fine torna a salutarci beffarda ed incoerente. 

Quasi cent'anni dopo "Douro fauna fluvial"del connazionale ultracentenario Manoel de Oliveira, esordiente nel 1926 proprio con quell'eccezionale dinamico documentario caposcuola di un certo modo di intendere il documentario, due grandi nomi della giovane cinematografia portoghese tornano a filmare il lavoro vero, quello di trasformazione della materia prima. E lo fanno con la naturale inevitabile freddezza delle mannaie insanguinate necessarie per sfamare una umanita' che continua a crescere nonostante tutto: nonostante i controlli e i timori di denatalita' che invece caratterizzano certe lontane realta' occidentali, le nostre. L'occhio dello spettatore potra' trasalire alla vista del sangue, dello strazio dei corpi, delle agonie concatenate e senza fine; ma staccare lo sguardo o non venire affascinati dagli arditi accostamenti tra realta' e sogno (la sirena)

 

 

o erotismo (la scarpa con tacco vertiginoso), diventa impossibile, come anche non associare queste successioni di immagini allo stile meraviglioso e stordente del taiwanese Tsai Ming Liang. 

Un corto (dedicato a Jane Russell, "sirena" protagonista de L'avventuriero di Macao", guarda caso) attanagliante, truculento come lo e' la vita animale di chi sopravvive a scapito di un'altra o altre specie viventi destinate a soccombere, nel bene e nel male; ma pure sognante, perche' e' pur vero che per (soprav)vivere e' necessario rifugiarsi piu' che si puo' nel sogno e nella fantasia, nel miraggio di una sirena che possa almeno per un attimo distoglierci dal mattatoio insanguinato della vita vera. 

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