Regia di Giulio Paradisi vedi scheda film
All'inizio degli anni Ottanta, ci si sorprese e ci si lamentò (mentre i critici si arrovellarono) molto del successo popolare della commediaccia di Lino Banfi e dei suoi epigoni, dei pierini di Alvaro Vitali e compagnia nonché della serie monnezzara con Tomas Milian e Bombolo. Parte della colpa fu indubbiamente di film fiacchi, inconcludenti e sciocchi, indecisi tra comicità e blanda satira di costume, come questo. Pensare che qualcuno abbia sprecato tempo e soldi investendo su una sceneggiatura tanto stolida fa cascare le braccia, anche pensando che qualche cineasta di talento bussava inutilmente a denari. L'unica cosa che resta negli occhi di tutta questa scemenza in celluloide è il corpo statuario di una Zeudi Araya nel fiore degli anni: tutto il resto è maledetta noia, tra attori inconsistenti - come Dorelli e la Milo - o fuori parte come Pozzetto (l'unico che riesce a fare la propria figura è Enrico Maria Salerno) e situazioni gratuite e insignificanti, mentre non si ride proprio mai, grazie ad un copione che inanella battute talmente insipide che al confronto il tenero Giacomo della Settimana enigmistica sembra il Mel Brooks dei tempi d'oro. Da dimenticare.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta