Regia di Gus Van Sant vedi scheda film
Cosa spinge un cittadino americano a recarsi in Giappone nel mezzo di una foresta inviolata e quasi impenetrabile? La scellerataggine di sceneggiatori imprudenti, che si arrampicano su pareti inaccessibili per proseguire una storia che ci viene chiarita poco per volta, ma che non ha basi sane per reggersi e spiccare il volo. La conferma di un flop.
FESTIVAL DI CANNES 2015 - CONCORSO
Non è proprio da Gus Van Saint "toppare" clamorosamente un film, ma questo suo ultimo, anche con i migliori sentimenti, è davvero a tratti indigeribile.
Un film sbagliato e ricattatorio che risulta inaffrontabile già (o solo) a livello di sceneggiatura, che osa incautamente addentrarsi nei misteri di una natura-madre che ci guida nel regno di cui non conosciamo né possiamo conoscere nulla.
E dunque ecco il gran cineasta (aveva mezzo floppato, a mio avviso, solo con Scoprendo Forrester, anche se, a ben vedere, quel Will Hinting - genio ribelle fu pure lui poca cosa, ed il premio Oscar alla sceneggiatura alla coppia Ben Affleck- Matt Damon un vero insulto alla scrittura, cinematografica e non), fa come può per tenere le fila di un discorso lambiccato e fragile che vede un uomo incupito e teso prendere un aereo per il Giappone per ritrovarsi solo nel mezzo di una foresta maestosa ed impenetrabile, entro la quale decide di perdersi per togliersi la vita.
Capiamo che quello è un luogo ideale per tali tipi di pratiche, mentre un flash-back nemmeno male assemblato ci aiuta pian piano a capire le motivazioni che hanno spinto lìuomo a prendere una tale decisione (motivazioni che non è il caso di accennare in questa sede). Impariamo anche a conoscere un misterioso giapponese in cui il protagonista si imbatte nel bel mezzo della foresta, ferito ed errabondo come un viandante che ha smarrito la strada.
Impariamo che quando l'anima lascia un corpo morente, in quel punto spunta una bellissima orchidea, e pure altre amenità che dovrebbero (ma secondo me non riescono) aprirci la mente verso un mondo di teorie illuminate in grado di aprirci la mente, abituandoci ad affrontare tematiche drammatiche come il senso della perdita e il dolore per un trapasso.
Ma il film risulta solo furbo ed astutamente assemblato per tirar fuori dal cilindro le soluzioni più sfacciatamente a prova di pubblico, sperando di incantarlo o comunque di persuaderlo che tutta la storia possa aver avuto un suo senso compiuto.
Peccato pure per gli attori: Naomi Watts è la più incolpevole di tutti, ma Matthew McConaughey sarebbe stato davvero e nuovamente molto bravo, se avesse potuto recitare una partre un pò meno massacrata da eventi e situazioni che risultano inaccettabili, se non inconcepibili.
Capisco l'imbarazzo con cui fu accolta la pellicola al Festival di Cannes, il silenzio glaciale che un amico giornalista mi ha riferito essersi creato in sala stampa al sopraggiungere del regista (altre volte sempre osannato, una volta vincitore di una Palma molto meritata) assieme ai suoi interpreti e star, ogni altra volta acclamate.
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