Tutti i film di Gus Van Sant hanno il sapore di un'opera prima, con tutta la freschezza che questa definizione comporta, ma anche con tutta l'ingenuità.
Il bravo Matthew McGonaughey vuole suicidarsi "nel posto perfetto": Aokigahara, il Mare di Alberi in Giappone, una foresta ai piedi del monte Fuji ad alto contenuto spirituale. Con la determinazione e la meticolosità di un personaggio da cortometraggio, Matthew lascia la macchina aperta nel parcheggio, acquista un biglietto di sola andata direttamente in aeroporto, vola senza bagaglio e si fa portare da un taxi direttamente nella foresta. Poi chiaramente qualcosa va storto: appena Matthew è sicuro di essersi perso per bene, un uomo in stato catatonico chiede il suo aiuto e dà inizio al continuo posticipo del suo suicidio, costellato da una miriade di "flashback/esercizi-di-recitazione-con-Naomi-Wats" che contestualizzano (arbitrariamente) il suo tentativo di togliersi la vita. Un finale a effetto condisce infine una sceneggiatura costruita ad hoc (con personaggi e oggetti che in modo troppo conveniente entrano in scena al momento giusto) sulla base dell'idea più semplice che potesse venire in mente a Gus quella sera in cui girovagando su internet deve essersi imbattuto nella pagina Wikipedia di Aokigahara.
Capiamoci, la struttura narrativa è perfetta, i dialoghi pure e i personaggi sono costruiti a tutto tondo con il loro carattere e i loro trascorsi. Tutto troppo perfetto insomma, senza sbavature e perfettamente in linea con il vogleriano viaggio dell'eroe. Come dire, al film manca un'anima (sebbene sia il suo tema portante) perché racconta di un luogo e di una cultura di cui gli autori non hanno fatto esperienza ma di cui hanno solo letto qualcosa, l’hanno trovata interessante e di potenziale appeal sul pubblico.
Detto questo, se il fattore ipocrisia (ma io sono un buonista, e quindi dico di nuovo "ingenuità") non rientra nei vostri parametri di giudizio, troverete il nuovo film di Gus piuttosto piacevole. Le sequenze nella foresta sono davvero emozionanti e trasmettono una rara atmosfera che mescola tensione claustrofobica ed evocativa spiritualità, oltre ad alternare toni survivalisti in stile "Cast Away" e grandiose scene d'azione. Anche i flashback ad alto contenuto drammatico non sono male, perché è la regia di Gus Van Sant a non essere male (e nemmeno gli attori ovviamente). Poi purtroppo ci sono gli stupore-moments con grandi rivelazioni accompagnate da violini in crescendo e solenni frasi catartiche pronunciate con le pupille dilatate e che potrebbero far storcere la bocca allo spettatore più cinico (come lo ero io quel giorno a causa di un intossicazione alimentare in agguato che di lì a poche ore avrebbe influito sul mio giudizio).
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