Regia di Nickolas Dylan Rossi vedi scheda film
Documentario sul cantautore americano Elliott Smith, spirito fragile e tormentato capace di regalare al pubblico una manciata di album in pochissimi anni di attività (1993-2000), in un crescendo di intensità e di disperazione che lo ha portato alla prematura scomparsa, a soli 34 anni.
Centocinque minuti a parlare di Elliott Smith, senza dire nulla su Elliott Smith. Heaven adores you - tradotto in maniera approssimativa 'Il cielo ti ama', ma l'intero lavoro di doppiaggio italiano è pessimo - è un film atteso da oltre dieci anni, da quel 21 di ottobre del 2003 in cui il cantautore americano moriva, a soli 34 anni, per due coltellate che si presumono autoinflitte (il caso non è mai stato chiuso, quantomeno fino al 2017 di chi scrive); l'attesa non è stata però ripagata: scarsissime informazioni, pochissime immagini interessanti, interviste a parenti e amici dell'artista che ne parlano con toni pregni di cortese (ed esagerata) educazione, con un generico entusiasmo artefatto, di maniera ("quando cominciava a cantare tutti stavano zitti", "era un cantante formidabile", "colpiva chiunque avesse a che fare con lui"...). Insomma: un documentario dall'atmosfera fasulla e agiografico in maniera perfino eccessiva: non serviva che se ne parlasse male, ma quantomeno che si parlasse di lui; e invece Elliott Smith rimane sempre in secondo piano, nel suo film. Buffo, pensando che il cantautore faceva di tutto per restare defilato anche nella sua stessa musica, nella sua stessa arte; meno buffo se si considera che Il cielo ti ama in un'ora e tre quarti di durata ci lascia a malapena intuire che Smith fosse di origini texane, che avesse una sorellastra e genitori divorziati (o madre vedova? Boh!), che sapesse suonare sia la chitarra che il piano e che avesse sfiorato l'Oscar per la canzone Miss Misery, nella colonna sonora di Will Hunting - Genio ribelle di Gus Van Sant (1998). Altro? No, tutto qui. Il resto sono quelle banalità di circostanza di cui sopra, propinate per lo più in voce off dagli intervistati mentre il regista riprende anonimi squarci metropolitani, con una smodata preferenza per carrellate di ponti. Direttore della fotografia dai primi anni Duemila, Nickolas Rossi giunge qui alla sua prima regia, confezionando un prodotto purtroppo non all'altezza delle sue aspettative (che poche, come detto, comunque non erano); per chi volesse saperne di più su Elliott Smith, si rimanda piuttosto alla lettura di E. S. e il grande nulla, di Benjamin Nugent. 3/10.
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