Regia di Sang-soo Hong vedi scheda film
La collina della Libertà è un film sud-coreano del 2014 diretto dal maestro Hong Sang-soo, probabilmente è uno degli autori coreani maggiormente apprezzato dall'ambiente festivaliero intrenazionale, non a caso questo film è stato presentato nella Sezione Orizzonti alla 71° Mostra cinematografica di Venezia.
Sinossi: Mori (Ryo Kase) è, insegnate giapponese, si reca a Seul con l'obiettico di incontrare una perosna per lui ancora molto importante; giunto in Corea decide di allogiare in una modestissima pensione dove inconterà una serie di personaggi con la speranza...
Hong sang-soo è un regista con una precisa poetica che ormai ripropone da molti anni, il suo cinema segue un canovaccio ben preciso (come vedremo a breve) tuttavia l'auotre coreano è bravo a presentarci sempre un costante gioco di variazioni.
Come da tradizione il suo personaggio maschile è un intellettuale senza partiocolari doti, rimasto estremamente scottato dalla sua ultima relazione amorosa a tal punto da recarsi a Seul (città dove vive la sua ex-ragazza) con l'obiettivo di incontrarla nuovamente; la relazione tra i sessi è la tematica cardine di tutto il suo cinema.
Le sue giornate sono estremamente vuote, dorme fino a tardi e non riesce assolutamente a lascrisi il passato alle spalle come emerge chiaramente quando beve (costante sempre prensente del cinema di Hong Sang-soo, le sbronze sono estremamente realistiche e questo perchè, come ha confermato il regista, i suoi personaggi bevono veramente).
Hong sang-soo inoltre è noto per fare del meta-cinema dal momento che i suoi protagonisti sono quasi sempre registi oppure sceneggiatori, tuttavia in questo caso il nostro "eroe" è un semplice insegnate ma inconterrà un uomo che afferma di essere un produttore cinematografico e musicale inoltre tutti i perosnaggi con cui Mori si relazionerà lo scambiano per un artista.
Stilisticamente inoltre ritroviamo tutti gli stilemi cari al regista, partendo dai titoli di testa estremamente riconoscibili, in questo caso sfondo giallo con scritte a caratteri blu acceso il tutto accompagnato da una dolcissima melodia.
Immancabili anche le lunghissime scene conviviali riprese con machina fissa oppure le zoomate improvvise; lo zoom è un suo marchio di fabbrica ed è utilizzato in vario modo: a volte serve seplicemente per focalizziare l'attenzione dello spetattore su un determinato dettaglio (pensiamo ad esempio alle lettere scritte da Mori per la sua ex-ragazza) altre volte sembra quasi essere un terzo occhio che spia l'intimità dei perosonaggi oppure in altri frangenti si fa fatica a comprenderne le ragioni drammaturgiche, in questo ultimo caso potremmo leggerlo come un messaggio/spia del regista per ricordarci l'artificiosità del mezzo cinema e quindi ricordarci che stiamo guardando un film.
Interessante anche la voice-over e soptrattutto l'organizzazione narrativa per nulla lineare e progressiva (altra caratteristica del regista).
Piccola nota: il film dura solo 67 minuti ma Hong Sang-soo non è nuovo a film dalla durata ridotta.
Le relazioni tra i sessi e la quotidianità nel cinema di Hong Sang soo non sono mai mai banali nonostante utilizzi un approccio complessivamente leggero ma pur sempre delicato e raffinato (pensiamo ai dialoghi a tratti quasi fisolofici oppure tremendamente reali e ordinari); ricordo che i registi al quale Hong è legato sono grandissimi autori della settima arte da Hou Hsiao Hsien, Ozu oppure il sempre citato Rohmer.
il cinema di Hong Sang-soo è sicuramnete lontano dagli standard ,pur sempre molto validi, del cinema coreano mainstream e risulta una piacevole ventata di freschezza [molto valido il doppiaggio italiano].
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