Regia di Severin Fiala, Veronika Franz vedi scheda film
Un canto della buonanotte, uno stralcio di un Tutti insieme appassionatamente tedesco (La famiglia Trapp, precedente al film di Robert Wise): un found footage d’armonia familiare madre-centrica, grottesco, inquietante. È il primo minuto. Segue - con senso dell’umorismo per il programmatico - un bignami della paranoia al cinema, tra le mura domestiche: due piccoli gemelli credono che la donna ferita che vive con loro, benda intorno al viso, occhi senza volto, non sia loro madre. Le cose precipitano. Lo erano già. Franz & Fiala - compagna e nipote di un regista che da sempre lavora sul pregiudizio dello spettatore, Ulrich Seidl - danno forma a un delirio della mente (come un altro film domestico di quest’anno, Babadook), racchiudono un sentimento diffuso di complottismo che sa di spirito del tempo, portano sino alla caricatura il solito épater la bourgeoisie dedicato al sistema famiglia e raccontano un conflitto incentrato sul riconoscimento, come tanto cinema d’oggi: tutto questo giocando - con sadica, marcata, trasparente ironia?- con le aspettative dello spettatore. Cinema teso anche se manipolatorio, violento sino al torture porn anche se tutto incentrato sull’accumulo demente di stereotipi horror, mixa, nel «glorioso 35 mm» firmato Martin Gschlacht, Fulci e Shyamalan, Damien Hirst e Funny Games, irride la propensione dello spettatore alla fede cieca e alla sospensione del dubbio, e sa essere spettacolo efficace e, insieme, sua critica acuta.
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