Regia di Antonio Augugliaro, Gabriele Del Grande, Khaled Soliman Al Nassiry vedi scheda film
71 MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA – ORIZZONTI - FUORI CONCORSO
Documentario on the road girato in presa diretta nel tempo di un viaggio, durato quattro giorni, necessario per percorrere i km che separano l'Italia settentrionale dalla Svezia, meta e paradiso nordico di quasi ogni immigrato che sbarca a Lampedusa, “Io sto con la sposa” filma un paradosso, una finta unione matrimoniale che possa giustificare e rendere più plausibile un viaggio verso una terra promessa da parte di un piccolo gruppo di esuli palestinesi e siriani, giovani, giovanissimi o anche già anziani.
Tre registi che scortano e non perdono d'occhio un finto matrimonio che possa giustificare la carovana di tre macchine che si sposta prima verso il confine ligure con la Francia, e poi su verso le terre scandinave, paradiso di accoglienza e isole garanti della tutela più profonda dell'esule errabondo.
Vediamo la combriccola inerpicarsi per gli ardui tratturi liguri, nelle zone dei “passeurs” già celebrate da illustri letterature di uomini di cultura come Francesco Biamonti o Nico Orengo, per non parlare di Calvino. Un percorso accidentato che si arrampica sull'argilla di territori franosi ed impervi “che si gettano a mare”, tra boschi di pini marittimi e l'oro della ginestra in fiore.
Poi ecco che in Francia tre macchine aspettano profughi e troupe per proseguire il viaggio, scandito pure da percorsi ferroviari e contrassegnato da una sposa sempre e cocciutamente in bianco, da uno sposo fittizio che forse finisce quasi per crederci.
Io sto con la sposa ha intenti nobili su cui non si discute.
Tuttavia viene da pensare come fosse più interessante documentare gli orrori della prima tappa di un esodo sfiancante che vede lasciare per strada, anzi a mare, una sempre più elevata percentuale tra i profughi nel loro cammino verso la speranza di una nuova vita. Questo piuttosto che il secondo viaggio, lungo ed incerto pure quello, ma una passeggiata in confronto al primo tratto su imbarcazioni inadeguate o di fortuna.
Il taglio documentaristico, che tuttavia non esclude un canovaccio di sceneggiatura, per quanto giustamente abbozzato per rendere meglio la spontaneità di una reale documentazione, trova negli “interpreti” qualche forzatura ed eccessivi momenti di stanca in cui l'atteggiamento dei viaggiatori assume un tono un po' troppo disincantato e possibilista rispetto a quelle che sono le incognite del cammino.
Detto ciò è incontestabile il valore civile ed etico dell'operazione, che merita tutta l'attenzione del caso dopo il successo alla presentazione ufficiale presso la Mostra veneziana.
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