Regia di Antonio Augugliaro, Gabriele Del Grande, Khaled Soliman Al Nassiry vedi scheda film
“Se devi vivere vivi libero, altrimenti muori come gli alberi, immobile”.
“Io sto con la sposa”, progetto nato con un’amplissima operazione di crowfunding, mi è parso un felice oggetto non identificato.
Un documentario talmente vero da sembrare finto e recitato.
Un giocoso, ma serissimo, gesto di disobbedienza civile.
Un diario di bordo su un viaggio, anzi, su molti viaggi della speranza.
Una traversata della “Fortezza Europa”, e nella giungla delle sue leggi, ma con la follia nomade di un film di Kusturica o di Mihaileanu.
Al dunque una riuscita “provocazione umanitaria”, in polemica con l’ipocrisia delle cancellerie dell’ “Europa benigna”, col cinismo delle burocrazie, con la cialtroneria della politica, con l’ordinaria ostilità ottusa della gggente.
Intanto, sotto lo stesso cielo, sotto un cielo che appartiene ad ogni uomo, scorrono immagini di sentieri da contrabbandieri o da clandestini d’altri tempi, quando gli “altri” eravamo noi.
Graffiti sui muri per ricordare chi è morto, nelle acque del Mediterraneo o sotto i colpi di mortaio.
Un festoso ed improbabile corteo nuziale, con un piccolo rapper palestinese, esibizioni in osterie meticcie, ed “un’altra Europa possibile”, solidale e partecipe, a supporto logistico di questa mascherata drammatica ed allegra.
E poi i racconti: i corpi degli affogati a sommergere quelli dei sopravvissuti, tra i rimpalli di (ir)responsabilità tra Italia e Malta; la quotidianità sotto le bombe; i rapporti familiari a confronto con situazioni estreme; la necessità di fuga ed il senso di sradicamento di chi lascia la propria terra.
Ed una telecamera che gioca a rimpiattino dietro il sedile, col pudore di lasciare nella parte oscura un volto che si riga di lacrime, per un caffè mai bevuto con un amico.
Il tutto, nella folle pensata che un velo da sposa divenga un lasciapassare ed un salvavita, contro gli occhiuti frontalieri europei, o contro i cecchini d’Aleppo, per il rispetto dovuto ad un capo coronato di bianco.
Della conclusione non dirò ovviamente nulla, tanto più che le didascalie finali ci raccontano di come l’esito sia aperto, e la strada sia lunga.
Ci si diverte come ai ricevimenti nuziali tra amici di lunga data.
Ci si commuove come ad una cerimonia tra persone a cui si vuole bene.
E , come si dice in questi casi, “la sposa era bellissima”
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