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Fires on the Plain

Regia di Shinya Tsukamoto vedi scheda film

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La recensione su Fires on the Plain

di alan smithee
6 stelle

Shinya Tsukamoto

Fires on the Plain (2014): Shinya Tsukamoto

VENEZIA 71. MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA - CONCORSO
 
Secondo conflitto mondiale: il Giappone conquista una parte delle Filippine ed un manipolo di soldati, impegnato a mantenere il presidio si una isoletta tattica, tra agguati della popolazione locale e bombardamenti del fuoco nemico americano, deve salvaguardarsi altresì da un luogo incontaminato, territorio vergine ed incontaminato che tuttavia provoca anche problemi di salute come tisi e febbri debilitanti. Per questo motivo il soldato Tamura viene spedito dalla prima linea all'ospedale da campo nel  mezzo della foresta, dove tuttavia non lo accolgono in quanto le sue condizioni, per nulla buone, sono nulla in  confronto alla carneficina subita da bombardamenti ed agguati dei nemici.

Shinya Tsukamoto

Fires on the Plain (2014): Shinya Tsukamoto

Al visionario e magnifico regista nipponico Tsukamoto, che qui si presta anche ad interpretare il ruolo del devastato protagonista, basta questo sommario appiglio storico per dare sfogo a tutta la sua creatività e delirio figurativo: una festa e una celebrazione di una follia della mente indotta dalle conseguenze della malattia, dall'orrore di un paesaggio insanguinato in cui al verde carico della giungla fa ancora più contrasto il rosso vermiglio di arti ed intestini che colano verso il suolo come un magma sinistro di devastazione. 

Shinya Tsukamoto

Fires on the Plain (2014): Shinya Tsukamoto

Una tecnica ammirevole quella di Tsukamoto, quella stessa che lo ha reso autore di culto tra i più riveriti e considerati dai fans di tutto il mondo. Tecnica e mestiere a parte, che ribadiamo indiscutibili e visivamente ammirabili ed unici, sorge tuttavia il dubbio che l'autore, di certo consapevole di tutto ciò, approfitti ad imbastire una situazione, un punto di partenza (lo spunto è l'omonimo romanzo   di  Shohei Ooka, già trasposto al cinema nel lontano 1959 dal regista Kon Ichikawa (che sarà mia premura visionare al più presto) per ribadire e sciorinare tutte le proprie ossessioni visive, le mutazioni del corpo causate dalla mente e dai suoi pericolosi condizionamenti e shock. Insomma, fatta salva l'ambientazione equatoriale suggestiva e sinistramente inaccessibile, accentuata dalla vivacità esasperata dei colori e delle tonalità di verde intenso fino ad abbagliare, tutto ciò che segue non è nulla di molto diverso a quanto accadeva al tormentato e mutevole protagonista di Tetsuo, in quel caso  sovrastato e inserito letteralmente in un contesto cyberpunk che qui lascia posto al verdeggiare minaccioso e possessivo  di una giungla tentacolare.
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