Regia di Andrej Konchalovskij vedi scheda film
Lokhya è postino e messaggero in un villaggio raggiungibile esclusivamente con il motoscafo. Prende l'imbarcazione a motore, attraversa lo specchio d'acqua e giunge sull'opposta sponda per prendere le pensioni, la spesa e quanto serve ai pochi che ancora abitano le rive del lago. La vita è modesta e sopravvivere senza lavoro o con gli spicci della pensione è un arte e cui pochi sono abituati.
Andrei Konchalovsky smista lettere e denari e ci rende partecipi della vita di Lokhya, del suo amore per la giovane Irina e per il piccolo Timur, dei molti sacrifici per rimanere sobrio. Grazie al postino, alla sua esperienza di uomo vissuto, prima e dopo la caduta del muro, Konchalovsky racconta una Russia proiettata verso lo spazio (si vede ad un certo punto il vettore che sale in cielo) ma con una miriade di problemi che la rendono come una barca, priva di fuoribordo, ancorata all'ormeggio. La vodka, l’alcolismo, la depressione di chi vive isolato, le pensioni misere, la meschinità delle istituzioni che comminano multe a chi pesca illegalmente per arrotondare e fingono di non vedere i generali che dispensano mazzette per fare quanto desiderano nelle acque del lago, sono solo alcuni dei retroscena della libertà conquistata da un paese abituato ai rigidi meccanismi di una società indottrinata e regolamentata. I negozi sono pieni (come mai prima) ma la gente è inquieta, insoddisfatta, oserei dire, alla deriva. Nella nuova Russia del capitalismo mancano le prospettive, i giovani se ne vanno nelle metropoli, il lavoro latita e la vodka rimane la panacea di tutti i mali.
Lokhya funge da ponte tra la città e la campagnia, la prima ricca di moderni centri commerciali, la seconda povera di servizi ma ricca di difficoltà. Anche l'unico ponte, rappresentato dal postino, sembra destinato a crollare quando il motore gli viene rubato sotto il naso. La periferia rimane sempre più isolata e le differenze si acuiscono creando un solco che i poveri, sempre più poveri, faticano a colmare, incapaci per coltura e istruzione di gestire le proprie scarse risorse e adattarsi alla velocità dei cambiamenti.
Andrei Konchalovsky sceglie un ibrido tra documentario e narrativa per raccontare il nuovo corso russo il cui baricentro si sta spostando dal comunismo al populismo.
I poveracci rimangano sempre uguali a se stessi ed i potenti rimangono al di sopra della giustizia. Il maestro russo indaga l'aspetto sociale ma costruisce una lode alla natura, alla lentezza, ai rituali di un'esistenza isolata.
Malinconiche ed eleganti sono le inquadrature del maestro russo che ci immerge in paesaggi mozzafiato e acque cristalline. Le inquadrature notturne a bassa risoluzione, che dall'angolatura di una telecamera di videosorveglianza spiano la solitudine del vecchio Bombolone e il brontolio del televisore di Lokhya, offrono all'occhio umano la luce quieta e l'intimità di una colazione, di una cicca, di un sonno tormentato.
La solitudine è una bottiglia piena che annebbiata la memoria e appesantisce i cuori. Un gatto grigio, che preannuncia sciagure, tormenta, invece, i sonni del portalettere, paventando l’incubo reale di una sbronza colossale a lungo bramata e sempre rimandata per rimanere puliti. Lokhya non può cedere ai propri istinti. Come un prete deve prendersi cura della sua gente. Dispensare pacchi e consegnare missive.
La piccola comunità ha ancora ha bisogno di quel ponte vacillante, barcollante, effimero che unisca ancora tradizione e modernità, spirito russo e influenze occidentali fino a quando un razzo non spazzerà via quel che resta del vecchio per fare spazio al nuovo. (V.O.S.)
MyMoviesOne - Biennale Cinema Channel
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta