Regia di Rakhshan Bani E'temad vedi scheda film
Storie, come preannuncia il titolo, sono quelle che racconta la regista Rakhshan Bani E'temad, tornata alla regia dopo otto anni di silenzio legati alle difficoltà di produrre un film in Iran, la sua patria. Per riuscire a terminare il lungometraggio, è stata costretta a ricorrere infatti a un escamotage: la censura non si abbatte sui cortometraggi, che non vengono visionati. E Tales non è altro che l'insieme di otto cortometraggi tenuti insieme in maniera sapiente dalla regista, che optando per soluzioni di continuità mai banali rende il suo racconto unico e mai frammentario. Storie, dunque. Storie sul moderno Iran e sulle difficoltà che la popolazione quotidianamente affronta: prostituzione e caduta dei valori morali, assenza di etica tra le alte fila dello Stato e menefreghismo dei funzionari pubblici, sieropositività e violenza sulle donne, lo strapotere maschile e le vessazioni subite sui posti di lavoro, sono i temi passati in rassegna, senza dimenticare quanto pesi portarsi dietro una telecamera per documentare il reale.
Per molti versi docufiction, Tales illumina sulla situazione iraniana, ferisce lo sguardo occidentale e lancia moniti ai registi di oggi: non occorre che tu sia sia presente o meno ma un film non rimarra mai nel cassetto. E forse questo è il grosso limite dell'opera. Intendiamoci: nella situazione in cui si ritrova a lavorare, la regista compie un miracolo. La sua opera non cede mai il passo alla noia, si veste di politica e punta il dito quando c'è da farlo. Il problema è che passa in rassegna tutti quegli argomenti che, anche in maniera più approfondita, sono stati raccontati da altri registi e/o giornalisti. Rivolte contro gli oppressori, donne con il viso deturpato da mariti violenti, possesso maschile sul corpo femminile, scontro di culture e forze armate conniventi con il potere dei più forti: quante volte ne abbiamo sentito parlare o discutere, rischiando di spacciare ormai ogni cosa per luogo comune? Quante volte non si propongono soluzioni, si raccontano storie esemplari e si approfondiscono rivolte, senza che cambi mai nulla? Quante volte ancora lo sguardo occidentale applaudirà a un festival di fronte a tali atrocità per poi occuparsi già dal giorno successivo di ben altro?
Il grosso limite di Tales consiste nel cercar la misericordia altrui, nel volersi fare veicolo del già noto e nel rendersi fotografia di uno status quo del quale non si intravede nemmeno la fine. Qualcuno asserirà che una linea di confine non si riesce purtroppo oggi a scorgere. Bene, ma non sarebbe opportuno che chi conosce da vicino quella drammatica realtà proponga alternative valide, suggerisca soluzioni e scuota chi di dovere? Si cercano escamotage per realizzare un film ma non si offrono suggerimenti allo spettatore per come esser d'aiuto a quelle persone - decine, centinaia, migliaia - a cui le vicende sono ispirate? Non nascondo parecchia perplessità di fronte a operazioni del genere, davanti alla commistione di fiction e realtà usata per colpire il pubblico e la critica ma fine a se stessa. Anche se dicessimo che il film è un capolavoro (cosa lontanissima dall'essere vera) e regalassimo alla regista il Leone d'Oro cosa cambierebbe per le vite che mostra? Temo nulla.
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