Regia di Anatole Litvak vedi scheda film
siamo a new york; anzi siamo in una ricostruzione scenografica di un appartamento di lusso con lo sfondo finto di new york. quindi un sogno, un meraviglioso sogno di tanti anni fa. barbara stanwick nel letto, immobilizzata da una malattia cardiaca che le impedisce di muoversi. vera o fasulla che sia questa malattia, auto-inflitta o simulata che sia, forse non lo sapremo mai. antipatica come ho sempre pensato che fosse anche l'attrice(quando da piccolo guardavo con bramosia LA GRANDE VALLATA, per quel bocconcino succulento di lee majors)lena o leona conduce una vita agiata in quel di chicago. figlia di un self-made man arricchitosi con i farmaci, è abituata ad avere ciò che desidera, senza porsi nessun problema o scrupolo. per caso, cercando il marito al telefono, sente una conversazione condotta da due loschi individui che parlano di svaligiare un appartamento dove non ci sarebbe nessuno se non una povera donna sola. da questo momento la storia di srotola sotto gli occhi degli spettatori, fino all'agghicciante finale. litvak conduce per mano gli spettatori in questo viaggio fantastico all'interno del bel cinema che fu, tra bianco/neri sbiaditi, fondali finti, meravigliosi vestiti e cappellini improbabili per attrici che dovevano comunque sempre sembrare vivere in un sogno ad occhi aperti. un sogno che però si trasforma in un incubo, poco per volta che si viene introdotti a tutti i personaggi e al perchè delle loro azioni. se per lena o leona la vita è un sogno, scheggiato da un malessere che si sfoga con attacchi di cuore sempre più frequenti e gravi, per henry, invece fin da subito il tutto appare come una sgradevole conferma ai propri timori e sentori. e così se il titolo italiano è un pò fuorviante se non per il finale, sul filo corre la delusione e l'incredulità per una vita che non ha senso o valore alcuno d'improvviso. il titolo originale, molto più secco e diretto, pone la parola fine a questa meravigliosa avventura filmica.
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