Regia di Hsiao-hsien Hou vedi scheda film
FAR EAST FESTIVAL 25 - RESTAURATI
Al Far East Festival nr. 25, nella sezione Fuori Concorso, è possibile recuperare Dust in the Wind, ultimo film di una trilogia dedicata dal grande regista Hou Hsiao-hsien alla vita di campagna, e qui al festival di Udine disponibile in una versione splendidamente restaurata.
Si tratta di un’opera miliare della cinematografia di un autore considerato il capostipite della cosiddetta Nouvelle vague taiwanese, che ha dedicato alla vita di campagna e ai suoi abitanti una trilogia nata con il film In vacanza dal nonno (1984) e proseguita con A time to live, a time to die (1985), fino a concludersi con questo triste, doloroso e struggente ultimo capitolo.
Alla fine della scuola media, il giovane Wan deve lasciare il paese natio, la natura e i campi che lo circondano per trasferirsi in città, avendo deciso di non voler prolungare gli studi perché desideroso di trovarsi un lavoro e proseguire il curriculum scolastico con lezioni serali.
Il viaggio in città avviene con la ragazzina pressoché coetanea che è cresciuta insieme a lui, la bella Huen.
Vivere in città comporta sacrifici, ma i due riescono a superare le difficoltà collaborando e vivendo una sorta di storia d’amore di cui si renderanno conto solo più avanti, quando il destino li separerà.
Il servizio militare infatti impegna Wan per oltre mille giorni di missione, durante i quali i rapporti epistolari tra i due giovani non saranno sufficienti a mantenere vivo un rapporto minato da una lontananza crudele e inevitabile.
La sceneggiatura del bellissimo film di Hou Hsiao-hsien è tratta dalle reali esperienze giovanili del co-sceneggiatore, Wu Nien-jen, che si sofferma sul divario tra il mondo rurale e schietto della campagna e quello che regola la caotica città, con i suoi lavori usuranti e la velocità che genera freddezza di sentimenti.
Il grande regista taiwanese, attraverso lunghe e magnifiche riprese contemplative, si sofferma sulla perfezione del paesaggio rurale, sul divario che separa la campagna con il progresso costituito dai treni che consentono di abbreviare le distanze.
Cerca anche di dimostrare, e ci riesce con grande efficacia, come la città finisca per corrompere la purezza che i due giovani campagnoli innamorati, senza saperlo, si portano appresso per disperderla poco per volta, avvinti da un ritmo che snatura ogni attitudine a salvaguardare la poetica dell’attimo, la contemplazione del volgere delle stagioni, e la potenza di una natura talvolta benigna, talvolta ingrata nel suo decidere il destino di ogni raccolto.
Il film, che rappresenta uno dei punti più alti di una carriera di regista decisamente notevole. costituisce l’atto finale della nota trilogia che celebra il passaggio ed il divario tra il mondo della campagna e quello della metropoli.
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