Regia di Diego Bianchi vedi scheda film
ARANCE E MARTELLO non entrerà nella storia del cinema, che Diego Bianchi alias Zoro abbia fatto una capatina sui grandi schermi non se n’è accorto nessuno. I fasti sul web con l’autocritica e l’analisi beffarda degli elettori/iscritti del PD, spaccati e sempre problematici sembrano finiti e le trasmissioni su Raitre hanno mostrato la corda della solita autoreferenzialità, senza più nulla da dire perché la realtà supera la fantasia ogni giorno che passa.
Nell’agosto canicolare del 2011 la sezione del PD decide di raccogliere 10 milioni di firme pe fa’ dimette’ Berlusconi. La caposezione Trieste si prodiga col marito, il figlio e qualche amico tra i banchi del mercato rionale. Ne nascono alcuni dissapori dovuti a differenti opinioni e appartenenze politiche, l’avviso di chiusura da parte del comune di Roma amministrato da un sindaco di destra è una doccia fredda per i “bancarellari”, ai quali non resta che chiedere aiuto ai piddini. Questi ultimi convocano un mini direttivo per votare sì o no alla chiusura del mercato. Le varie anime di centrosinistra si riuniscono per esprimere parere e voto: il nostalgico, il margheritino, la protorenziana, gli opportunisti etc. La metafora tra le due Italie, tra due schieramenti avversi è palese.
ARANCE E MARTELLO mette a segno poche intuizioni-parodia come la ricercatrice scambiata per escort di Ilaria Spada che vota sì alla chiusura per favorire l’apertura di un mercato biologico a chilometri zero. Una renziana in nuce che polverizzerà Bersani e i bersaniani alla Zoro, costretti a rimboccarsi le maniche per andare al cesso! Giorgio Tirabassi fa il verso al sindaco della destra sociale, il protervo Alemanno, riproponendone frasi scult come è colpa della giunta precedente…non facciamo/diciamo fesserie. I sanguigni Antonella Attili, Francesco Acquaroli e Stefano Altieri non bastano a far decollare un’opera prima blanda e innocua. Nella seconda parte il film cambia registro e vira al grottesco drammatico che stride con la prima frazione brillante ma zoppicante, e con vari ingolfamenti. Grande è la confusione sotto il cielo di Roma e Diego Bianchi non va al di là della visione ombelicale della critica di sezione e di quartierino. Mo’ ce pensa Barca...
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