Regia di Nima Javidi vedi scheda film
La stanza del figlio, in Iran. Quella in cui Amir (Payman Maadi, il protagonista del film Premio Oscar Una separazione) e Sara, prima del loro trasferimento a Melbourne, per continuare i propri studi, custodiscono la figlia neonata dei vicini. La tata è dovuta uscire e l’ha affidata alla coppia. Mentre i preparativi per la partenza continuano, e dopo aver chiamato il padre della piccola perché venga a prenderla, Amir e Sarah dovranno fare i conti con un evento tragico, che rischia di sconvolgere la loro vita.
La prima prova da regista di Nima Javidi, laureato in ingegneria meccanica, è un’opera di tutto rispetto. Tutto si costruisce nel mentre, senza mai arrivare alla fine di nulla. L’imprevedibilità detta legge. Riesce a mutare i rapporti umani, senza necessariamente volgerli al meglio: tutto muta e si trasforma. Così accade nelle vite, apparentemente tranquille, dei due protagonisti del film, che finiscono per conoscersi meglio, nella loro intimità, cogliendo il pretesto dell’elaborazione di una vita e di una morte. Ecco perché Melbourne lo si può definire una parabola esistenziale.
Degna di nota è senz’altro la ricchezza di una sceneggiatura in cui è evidente che il lavoro anche di chi sa di ingegneria e di meccanica è messo in opera. In essa si è lavorato per sottrazione, fomentando una tensione e una drammaticità che tengono lo spettatore in uno stato di apprensione costante. Eppure tutto si svolge nell’imbarazzante luogo, all’interno di un’unica casa, ma dove continuamente si (ri)scoprono spazi, ombre e poche luci. Certo è che l’unica esperienza impossibile, rispetto alla casa, è quella di poter uscire.
L’essenzialità e l’intensità del film, per una rigorosa regia, un calibrato montaggio e la strepitosa prova attoriale dei due interpreti, fanno di Melbourne una storia che ha l’urgenza di raccontare il noi, riconoscendo che non può esserci nessuna forma o condizione di liberazione senza consapevolezza e tutto quanto essa comporta. Non c’è alcuna occasione per distrarsi, così come avviene nel film, attraverso tutti gli altri compagni di Amir e Sarah, che intervengono nella storia dei due, facendo semplici passaggi, fuori o dentro quella stessa casa, quasi avessero il compito di distrarre Amir e Sarah.
D’altronde, come non vedere nella storia del film, la stessa reale condizione di tanti trentenni (come lo sono i protagonisti della storia) che, stanno abbandonando il proprio Paese, e non solo in Iran, nella speranza di un futuro migliore. La possibilità o meno di uscire da una situazione intrappolante, in cui non è difficile poter ammettere, con gli stessi due trentenni della storia di Melbourne: “Non so che cos’ha, non si sveglia”. Ci si riconosce parte di un mondo abitato da milioni di morti viventi. In cui il far finta di non sapere cosa si voglia o di cosa si necessiti, sta addormentando le coscienze di tanti che, per primi, avrebbero il compito di disinnescare la botta di vita, per farci risvegliare da questo stato di continuo torpore…
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