Regia di Ivan Gergolet vedi scheda film
«Io sono la gamba di mia madre». Così si descrive Maria Fux: discendente di migranti russi scampati a un pogrom, figlia di una donna costretta a un’amputazione in seguito a un’infezione, cresciuta a Buenos Aires e folgorata dalla biografia di Isadora Duncan, divenuta ballerina di fama internazionale prima e innovativa danzaterapeuta poi. Oggi è un’ultranovantenne che non smette mai il sorriso sincero, scivola tra corridoi che assomigliano alle quinte di un teatro, tesse con la voce e con le mani un universo nuovo per i tanti allievi dei suoi seminari. La danza è, per certi versi, l’opposto del cinema, così Ivan Gergolet, all’esordio nel lungometraggio, più che catturare l’impossibile prova a raccontare, componendo per frammenti, come in un puzzle, il mondo parallelo evocato da Maria Fux. Inclusivo e insieme intimo, spirituale ma concreto: Fux restituisce il ritmo del ballo e il privilegio del movimento a chiunque, a chi viene da lontano per guardarla e ascoltarla e a chi è affetto da disabilità (fisica o psichica), perfino a chi non sente e non parla (la storia di Maria Garrido, orfana india sordomuta trovata in una grotta e ritenuta incapace di comunicare, è potente ed esemplare). La figura di Maria Fux, occhi giganteschi e giunture consumate ma vive, è insieme maestra e allieva di se stessa, colta da Gergolet nell’ennesima transizione della sua vita: se il regista a tratti si lascia sopraffare dalla sua luce, è un peccato più che perdonabile.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta