Regia di Gianni Di Gregorio vedi scheda film
La legge Fornero incastra Gianni, a 6 mesi dalla pensione. Non solo deve lavorare per altre 3 anni, ma deve anche cambiare sede, spostandosi in periferia. L’occasione è buona per la ex moglie, per cacciarlo anche di casa, liberando così l’abitazione alla figlia. Per Gianni comincia una nuova vita, in cui cambia tutto: colleghi, capoufficio, casa, tenore di vita. La ricaduta sul fisico è evidente, tanto che Raffaele, il nuovo compagno dell’ex moglie, gli dà qualche consiglio per riprendersi la vita. Gianni ne farà tesoro, coinvolgendo nella sua rivincita anche il suo clone giovane, il collega Marco.
La principale peculiarità di “Buoni a nulla” a ben guardare è anche il suo limite. Il film di Gianni di Gregorio, maturo regista romano alle prese con la sua terza fatica, ammanta la sceneggiatura di una leggerezza ed una delicatezza invidiabili. Niente turpiloquio, battute pulite ed efficaci, lentezza dei ritmi, un cast che la TV l’ha vista soltanto da lontano, pochi moralismi, tanta sostanza. Peccato che il tutto si risolva in una debolissima prova complessiva, nella quale si affrontano tutte le tematiche in maniera superficiale e per nulla incisiva. I fili che compongono la trama sono decisamente deboli, spesso addirittura solo abbozzati: per esempio, Gianni consuma la sua metamorfosi (da vittima sociale a furbetto del quartiere) in 2 minuti di film e diventa maestro di cattiveria con l’allievo Marco in ancora meno tempo. Anche le vendette, da cui si potevano trarre le maggiori gag comiche, risultano flebili e mal sfruttate. Molte scene sono come abbozzate, quasi come se nemmeno chi ha scritto la sceneggiatura ci credesse veramente.
All’inizio del film, i dialoghi rarefatti, l’assenza di attori famosi e la musica improntata sull’uso della fisarmonica, quasi lo fanno confondere con una di quelle commediole francesi a buon mercato, fatte di idee travolgenti e tempi comici folgoranti. Pian piano però, da un clone di Dany Boon, l’opera di Di Gregorio si trasforma in una pellicola che pare scritta a quattro mani da Nanni Moretti e Patrice Leconte.
Purtroppo ciò che resta del film è la scarsa credibilità del protagonista e delle sue azioni, un mix che fa poca presa sullo spettatore, che del film può apprezzare esclusivamente l’intento di fare un tipo di commedia diversa, considerate le odierne derive corali e nazional popolari tutte uguali a se stesse che hanno portato alla rovina il genere italiano per antonomasia. Tuttavia, se l’alternativa ai film di Brizzi o Veronesi, con la Angiolini, Paolo Ruffini o Fabio De Luigi, devono essere le situazioni impalpabili ed inverosimili alla base di “Buoni a nulla”, conviene rimettersi a cercare perché l’alternativa valida a questa commedia stereotipata non l’abbiamo ancora trovata.
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