Regia di Vittorio De Sica vedi scheda film
Classico film dei telefoni bianchi, con Vittorio De Sica e Adriana Benetti superlativi. Intenso e credibile, ma soprattutto importante (per cast, collocazione, temi) all’interno della storia del cinema italiano.
La trovatella Teresa Venerdì si invaghisce del dottor Pietro Vignali, che presta servizio presso l’orfanotrofio dove abita. Il suo amore la metterà in difficoltà con i superiori.
Sospeso tra dramma e commedia (alimentata quest’ultima dal talento di Virgilio Riento, che interpreta un improvvisato maggiordomo), “Teresa Venerdì” è uno dei classici film del filone dei telefoni bianchi. Siamo nel periodo di transizione che porterà al neorealismo, e Vittorio De Sica, sia davanti che dietro la macchina da presa, rappresenta un’icona ancora oggi apprezzabile. Qui inscena una storia che sa di neorealismo, ma per certi versi si avvicina quasi ai melò di Raffaello Matarazzo, con personaggi caratterizzati in maniera molto marcata, dal cui connubio scaturisce una storia intensa e commovente. Lui, De Sica, è Pietro Vignali, affascinante dottore con poca voglia di lavorare, attanagliato dai debitori e conteso da due donne, un’attricetta arrivista (Anna Magnani) e una maldestra e civettuola figlia di papà (Irasema Dilian). A rompere gli equilibri arriva l’orfana, interpretata da Adriana Benetti (esordiente e perfetta nel ruolo), che spariglia le carte, risolvendo tuttavia il tutto, per il più classico dei lieto fine.
Un film tratto, come d’uso all’epoca, da un romanzo ungherese, tradotto per il grande schermo dallo stesso De Sica e da un nugolo di sceneggiatori (tra cui un non accreditato Cesare Zavattini); una storia intensa e tremendamente credibile, aiutata da poche ma ben selezionate ambientazioni ed un cast che funziona al meglio (anche la Magnani in un ruolo “atipico” per lei, da quel che impareremo a conoscerla in seguito, se la cava), ricordando certo cinema d’oltreoceano. Uno splendido gioiellino dal grande valore storiografico.
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