Regia di Wolfgang Staudte vedi scheda film
Uno dei quattro film realizzati dalla Freie Film Produktion GmbH, la libera associazione di tre esperti registi tedeschi come Staudte, Käutner e Braun, preoccupati per il futuro del cinema tedesco e interessati a rompere il velo delle omissioni sul passato del proprio paese.
Siamo in Renania, più precisamente nell’Eifel, la regione collinosa molto prossima alla frontiera con Belgio e Lussemburgo, che solo la valle della Mosella separa dall’'Hunsrück dell’Heimat reitziano. L’azione si svolge nel 1960 ma presto un flash back ci porterà per gran parte del film all’inizio del 1945 quando la rottura del fronte delle Ardenne portò le truppe anglo-americane a raggiungere rapidamente le rive del Reno.
Ancor prima dei film della nuova generazione (quella che dichiarava morto il cinema di papà, in coda alle affermazioni degli autori della Nouvelle Vague francese), è proprio un regista della vecchia generazione a mostrare quello che era stato fino ad allora praticamente indicibile.
Wolfgang Staudte era ben lungi dall’essere un regista rivoluzionario. Aveva iniziato a realizzare film per la UFA del periodo nazista, anche se la critica della burocrazia di L’uomo a cui è stato rubato il nome, realizzato negli ultimi mesi della guerra, gli aveva impedito di ottenere il beneplacito della censura (il film uscì soltanto nel 1996).
Nei primi anni del dopoguerra realizzò alcuni film per la nascente DEFA nella DDR, poi inanellò una serie di film nella Germania federale tra i quali Kirmes che gli valsero severe critiche da parte della stampa di destra nonchè l’appellativo di Nestbeschmutzer (letteralmente ‘colui che sporca il nido’, ovvero che sputa nel piatto in cui mangia).
Accusa anche comprensibile vista la provenienza, perchè fino ad allora non si era ancora visto un soldato tedesco al ritorno dal fronte (presumibilmente quello orientale) parlare esplicitamente dell’uccisione di ostaggi inermi, bambini, donne, anziani o mettere in risalto come il notabile di ieri era sorprendentemente, ma non troppo, anche il notabile di oggi).
Regista sicuramente di tecnica non sopraffina, il film risulta assai televisivo ai nostri occhi, ma il cui ruolo nello sviluppo dei cinema tedesco del dopoguerra non può essere ignorato.
Il film offre ruoli da protagonisti ad un attore molto conosciuto in Germania per la sua carriera teatrale e televisiva come Götz George e a Juliette Mayniel, premiata a Berlino come miglior attrice per questo film, che nello stesso anno aveva recitato anche in Les yeux sans visage di Georges Franju, più tardi mamma di Alessandro Gassman.
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