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Fort Buchanan

Regia di Benjamin Crotty vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Fort Buchanan

di alan smithee
3 stelle

Si fa presto a dire "sperimentale": soprattutto quando l'aggettivo serve a coprire falle e buchi di un racconto che non sa da che parte parare: la famiglia allargata, moderna ed inquieta vive emarginata nella foresta in attesa di un capo famiglia impegnato in missione. Inquietudini e desideri confusi in un'opera stravagante che si perde nel vuoto.

8° IN & OUT FILM FESTIVAL - NICE - FUORI CONCORSO

Sperimentare nuovi linguaggi o forme di racconto è quasi sempre un'iniziativa lodevole che spesso porta al contatto con nuovi livelli di percezione di una storia o di una vicenda.

L'assunto di base, ovvero quello di prendere spunto da una serie americana ambientata su un campo militare in una base posta in mezzo ad una zona desertica presso Gibuti, e raccontarne i retroscena privati in capo ai militari e alle famiglie, variopinte e certamente non proprio assimilabili allo standard tradizionale del nido coniugale da manuale, risulta piuttosto accattivante.

Peccato che il film ed il suo regista non si preoccupino minimamente di farci capire nulla di come sia organizzata la vicenda.

Roger è un giovane padre biondo ed avvenente con figliastra diciottenne in carne  e ribelle che egli non riesce più a tenere a bada. Si trova ai limiti di una foresta ove risiede assieme ad una comunità varipinta che include una donna matura in fuga da qualcosa, e tre giovani ragazze disinibite e colorate che cercano di irretire un aitante contadino che si prodiga per tenere in piedi quello strambo accampamento immerso nel verde. Roger soffre per l'assenza del suo compagno di colore Frank, inviato nel deserto in un campo che porta il nome del titolo del film.

Le due ambientazioni, diametralmente opposte e suscettibili di un bel contrasto che potrebbe idealmente fondersi con le dinamiche esistenziali e caratteriali di quell'eterogeneo gruppo di "rifugiati", non riesce a risultare amalgamato e a farsi comprendere: manca un nesso narrativo ed una compiutezza che non basta ad essere giustificata con la sperimentalità di un linguaggio che in realtà non esiste, esaurendosi il film in un collage di scenette di gruppo o di coppia senza un vero costrutto comprensibile.

Poche immagini o costruzioni di scene davvero interessanti o degne di nota (le poche sono quelle relative alle immagini del deserto), per una direzione davvero scriteriata e lasciata al caso.

Roger è interpretato dall'attore Andy Gillet che qualcuno ricorderà nell'ultimo film di Eric Rohmer, Gli amori di Astrea e Celadonio: anzi il film pare che riprenda le ambientazioni bucoliche dell'opera ultima del grande regista francese; ma si tratta solo di un vezzo e di un tentativo maldestro di fondere la modernità del linguaggio del reality con lo stile di uno dei più grandi ed originali registi francesi di tutti i tempi: che non penso gradirebbe questo ingrato e poco appropriato accostamento con quest'opera davvero acerba e disorganizzata.

 

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