Regia di Giulio Petroni vedi scheda film
Messico, inizio '900. Un ex-rivoluzionario, Jesus Maria Moran detto Tepepa, è in attesa dell'esecuzione, presso una guarnigione comandata dal colonnello Cascorro. Un medico inglese, Price, lo salva in extremis, per poi mostrare di volerlo uccidere egli stesso, al fine di compiere una vendetta. Anche in questo frangente, Tepepa si salva, ponendosi a capo di una banda di guerriglieri in dissenso con il nuovo presidente del Messico, Francisco Madero. I successivi scontri non risparmiano nessuno. Come altri western di produzione italiana ambientati durante gli anni turbolenti della Rivoluzione Messicana, anche "Tepepa" ha un forte connotazione politica. Il personaggio del protagonista è interpretato da Tomas Milian. Tepepa, il cui passato è raccontato tramite diversi flashback, è un peon; per un brevissimo momento fu uno dei personaggi chiave della Rivoluzione Messicana, poichè ebbe il compito, subito dopo la morte del padre, di tenere le comunicazioni tra Madero - uno degli animatori della rivolta - ed altre imprecisate entità. A guerriglia conclusa, deposte le armi, tuttavia Madero già non lo ricordava più. Tepepa, in virtù della sua scarsa istruzione, non è in grado di cogliere le dinamiche e le sottigliezze della politica; ma le domande che si pone, pur elementari, sono molto, molto intelligenti. Da esse, e dalle risposte, comprendiamo la idee del regista circa le vicende messicane; i sacrifici sostenuti dal proletariato nella lotta armata non hanno portano ad altro che l'avvicendamento dell'èlite al governo, il cui "braccio armato" rimane l'esercito. I metodi sono quelli di sempre, repressione violenta del dissenso. Per i poveracci, nulla cambia. Tepepa non si sottomette; ne paga le conseguenze, rischiando la vita. Nonostante tutto, spera di poter avere un'interlocuzione con Madero, ma ciò non è possibile. Torna dunque a lottare al capo dei suoi uomini. Volendo fare un parallelismo con la contemporaneità del regista, la prima fase della lotta armata, che vede trionfare la "rivoluzione" coincide con la Resistenza; le promesse di una breve, intensa ed eroica stagione di lotta sono però tradite, sin dal momento della riconsegna delle armi. La seconda fase del confronto, tra potere costituito e "spontaneismo" proletario, può trovare un mologo nei fatti e nelle utopie del 1968; il regista guarda con calore ed affetto ai rivoluzionari; l'epilogo mostra una sorta di esercito popolare, bandiera del Messico in testa, cavalcare compatto con fiducia. Tuttavia, i contrasti interni allo schieramento, i personalismi, l'assenza di supporto tra le "alte sfere", una sproporzione nei mezzi, rende irrealizzabili le istanze dei ribelli. Emblematica la sorte dei protagonisti; Cascorro muore per mano di Tepepa; Tepepa, precedentemente ferito, per mano di Price. Price, senza alcun motivo se non un'antipatia latente e non precedentemente dimostrata, per mano di Paquito, un bambino cresciuto troppo in fretta, tra violenze e dolori. E' il caos ! Nel cast, oltre a Tomas Milian, in un ruolo a lui congeniale - lo rivedremo nei panni del "popolano rivoluzionario" in "Vamos A Matar Companeros" del 1970 - spicca, su tutti, il nome di Orson Welles, nel ruolo di Cascorro, classico ufficiale messicano che agisce da satrapo locale. Il medico Price è interpretato dall'attore inglese John Steiner; è, infine, presente un giovanissimo Luciano Casamonica, nelle vesti di Paquito. Il ritmo non è sostenuto, le sequenze d'azione sono poche in rapporto alla durata del film, di oltre due ore. Diversi flashback raccontato le origini e le tappe fondamentali per l'evoluzione del "rivoluzionario" Tepepa, nonchè i tragici eventi che hanno successivamente spinto Price a cercare il guerrigliero per ucciderlo con le proprie mani. Monotone, ma evocative, le ambientazioni, aride colline, villaggi ed insiediamenti scalcinati, ma anche ricche ed eleganti magioni; contrasti che simboleggiano le gravi disparità esistenti all'interno di quel contesto sociale. La colonna sonora è di Ennio Morricone. Opera complessa, ben interpretata, bilanciata nei ritmi, "Tepepa" travalica i limiti del genere, esponendo con compiutezza valutazioni del regista circa i paradossi delle rivoluzioni in genere e degli eventi del suo tempo in particolare.
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