Regia di Gianfranco Pannone vedi scheda film
Indovinata l'idea di raccontare cosa significhi vivere sotto (e non "sul", come invece suggerisce il titolo) la minaccia perennemente incombente di un vulcano come il Vesuvio, peraltro in quella Zona Rossa che pare sia la più affollata d'Europa, Gianfranco Pannone - come già aveva fatto con i pessimi Il sol dell'avvenire ed Ebrei a Roma, anch'essi partiti da un spunto assai intrigante - spreca tutto come al solito. Il suo documentario si concentra su tre testimonianze principali, tutt'altro che rappresentative: una floricultrice, un artista che lavora con la sabbia vulcanica e una cantante neomelodica.
A fianco di queste assembla qualche altro stralcio di intervista, moltissime immagini di repertorio fornite dall'istituto Luce (quanto di meglio offra il film) e una manciata di brani letterari recitati da attori partenopei. L'operazione soffre moltissimo il coagulo tra materiali tanto differenti, la mancanza totale di una visione d'insieme, la selezione di riprese minimamente interessanti. Sicché le uniche cose che rimangono sono la magnifica voce di Toni Servillo che legge Giordano Bruno, le immagini dello stupore dei soldati americani nel '44, in occasione dell'ultima eruzione del Vesuvio, la spiegazione del nesso esistente tra la simbologia legata a S. Gennaro e la scelta dei partenopei di eleggerlo al ruolo di santo patrono e lo sgomento per una terra che al pericolo incombente dell'eruzione vulcanica ha aggiunto quello di una sterminata eruzione di cemento.
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