Regia di Fernand Melgar vedi scheda film
67°Festival del Film di Locarno 2014
L'Abri (il riparo) è un documentario svizzero che racconta una triste realtà comune a tutto il mondo occidentale, quella dei migranti che, non riuscendo a trovare lavoro in un periodo di crisi, si trovano per la strada costretti ad elemosinare assistenza dallo Stato sociale dei paesi ospiti, che, anche in un paese ricco come la Svizzera, ha sempre piu' difficoltà a garantirla a tutti.
Alle porte di un rifugio per senzatettto a Losanna, nelle rigide notti invernali si assiepa una folla di persone senza casa , tutti Rom e migranti, sperando di riuscire ad ottenere un letto e un pasto caldo. Infatti il rifugio ha solo 50 posti, ed ogni notte il personale deve effettuare una crudele selezione, dando la priorità a donne, bambini e anziani,e dovendo lasciare fuori una parte degli uomini per carenza di letti. Gli uomini che rimangono fuori dovranno affrontare una notte all'addiacco nel rigido inverno svizzero. Non c'è da stupirsi che la selezione dia origine a contestazioni, lamentele e scontri verbali e anche fisici. E le cose non migliorano nemmeno quando viene introdotto un sistema informatizzato di prenotazioni per evitare la ressa alla porta, perchè comunque le disponibilità saranno sempre inferiori alle richieste.
Il film ci presenta con realismo, ma senza pietismo, la cruda realtà dei migranti senza tetto, persone che inseguivano un sogno di benessere nel cuore piu' ricco dell'Europa e invece scivolano ai margini della società svizzera, dove i prezzi sono elevati ma la crisi ha ridotto le possibilità di trovare lavoro, soprattutto per chi non conosce bene la lingua. Oltre agli scontri per ottenere un posto, il documentario ci mostra anche la possibile solidarietà tra migranti, che cercano di sostenrsi a vicenda nelle comuni difficoltà (come la coppia di coniugi latinoamericani con l'immigrato africano che ha vissuto alcuni anni in Spagna). Delle loro storie colpisce che molti di essi avessero un lavoro, una casa ed una vita decente in patria, e ora, per inseguire un miraggio di benessere, si ritrovano a dormire per strada nel gelido inverno o ad elelmosinare un pasto. Questi migranti, che non vengono né mitizzati né presentati come una minaccia, ci vengono piuttosto rappresentati come esseri umani in equilibrio precario tra la loro innegabile umanità ed il rischio incombente che le condizioni disagiate in cui si trovano a vivere facciano loro perdere la dignità.
Gli altri protagonisti del documentario sono il personale del rifugio, costretti loro malgrado ad operare una dura scelta e a respingere i tentativi di ingresso di chi viene escluso e si ribella ad una scelta spesso arbitraria. Non è certamente facile il lavoro di questi operatori, che all'interno del centro devono faticare non poco per mantenere l'ordine a l'igiene, e cercano di venire incontro alle esigenze degli ospiti e di preservare la lor dignità, fornendo anche informazioni di orientamento e aiutandoli nella ricerca di un'occupazione.
Documentario ben fatto ed efficace, ha il merito di portarci dentro ad una triste realtà delle nostre società europee che non possiamo permetterci di ignorare, e di farlo evitando sia le tentazioni xenofobe sia il buonismo pietoso e strappalacrime.
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