Regia di Syllas Tzoumerkas vedi scheda film
Che io sia poco obiettivo quando si parla di cinema greco è risaputo (da chi poi?) visto il folgorante innamoramento che ebbi con Dogtooth e poi portato avanti, sempre che un innamoramento si possa portare avanti, con tutti gli altri film di laggiù.
Mai una delusione, mai.
E dire che con Luton mi stavo quasi pregustando una rece un pò tiepidina prima che quell'incredibile finale non solo elevasse il film, ma giustificasse anche tutto quello che c'era stato prima.
Mi trovo questo A Blast al cinema, corro a vederlo nell'ultimo giorno di programmazione e, ancora una volta, ho la conferma di trovarmi davanti ad una scuola di cinema di elevatissimo spessore.
Però però però.
Se i precedenti 7 film che avevo visto avevano molti punti in comune, specie nella glacialità e nel rigore formale, questo A Blast è oggetto filmico del tutto diverso, sia registicamente che narrativamente.
Abbandonate i fermi quadretti dei film precedenti, i colori lividi e la sottrazione, perchè qui, come titolo, "un'esplosione", fa intuire (ma il titolo rimanda ad almeno due altri aspetti di cui parleremo) tutto è invece molto poco sobrio e trattenuto.
La regia è un tripudio di movimenti di macchina, di scene tumultuose, di fotografia estetizzante, ci sono addirittura (mi piace usare addirittura a cazzo) inseguimenti di macchina degni del miglior action movie.
A livello puramente registico A Blast è quasi cinema greco girato da Park Chan Wook.
Ma l'esplosione è anche nella trama, completamente divelta in decine di piani temporali, avanti, indietro, e poi poco avanti, e poi poco indietro, e poi molto avanti. In realtà la vicenda è molto lineare, affatto confusa (magari lo è in alcuni passaggi difficili da capire, ma non per colpa del montaggio) solo raccontata in questa maniera rapsodica e forse francamente eccessiva.
Ma del resto l'eccesso è caratteristica fondamentale di A Blast.
In tutte, ripeto tutte, le pellicole del cinema greco, la presenza del sesso, quasi sempre un sesso "sbagliato", la faceva da padrone. Un amico ieri sera mi diceva che il sesso in grecia è veramente visto come ossessione, non lo sapevo.
Qui, se vogliamo, o almeno nella lettura che voglio dare io al film, il sesso è assolutamente motore di tutto.
Maria ne è ossessionata.
Un passo indietro prima.
O avanti.
Maria (la solita superlativa Papoulia di tutti i film di Lanthimos) è una trentenne sposata con un marinaio (bellissimo) quasi sempre in giro per mare.
Ha tre figli, una madre handicappata e un padre quasi inerme.
La crisi greca, che qui come soltanto in Sto Lyko è citata esplicitamente e non solo metaforicamente, colpisce anche loro, il negozio va chiuso, i debiti sono alti.
La situazione, e non solo per quello, sta per esplodere.
Appunto.
Maria è malata del sesso. In ogni scena in cui la vediamo col marinaio, scusate il germanismo, scopa come un riccio. Ogni volta che lui ritorna tempo 3 minuti e lo fanno. E il film è un continuo reiterare immagini di sesso tra i due, come se non ci fosse null'altro. Anche questo, a mio parere, è un piccolo difetto della pellicola, questo suo non sapere asciugarsi abbastanza, questo bisogno di reiterare per far capire.
Sarebbero bastate 2,3 scene di sesso per darci il quadro completo, non 10, in un film che poi non arriva all'ora e venti. Questa mancanza di dono della sintesi è per me qualcosa che non solo discosta A Blast dall'altro cinema greco, ma che forse lo pone al di sotto.
Gusti personali ovviamente.
In ogni caso credo che il sesso e la mancanza di esso (perchè il marito è per mesi sempre via) sia il termometro e di conseguenza la molla che spinge Maria a compiere tutte le sue azioni. Con la sorella (anch'essa abbastanza malata sessualmente, ci torneremo brevemente) gli argomenti sono sempre quelli, c'è poi la scena dell'internet point, c'è addirittura la scena, bellissima, di quando toglie la madre dalla sedia a rotelle in cui le alza la gonna. La sensazione è di trovarsi davanti ad una ninfomane che, in mancanza di sesso, inizia letteralmente a crollare.
E il suo crollo psicologico la porta a distruggere tutto quello che ha intorno.
Prima la madre, umiliata a tal punto da portarla al suicidio.
Poi il padre, anch'esso umiliato tanto da costringerlo ad andar via.
Poi i suoi stessi figli, affidati ad una coppia di depravati (la sorella e il compagno).
Attenzione, che quell'uomo sia un pedofilo è fuor di dubbio (lo dico perchè i miei due compagni di visione non ne erano sicuri), ci sono molte prove a testimoniarlo. E la sorella è complice, lo sa. Per questo l'affido dei figli è l'ennesimo gesto sconsiderato di Maria, l'ennesima distruzione famigliare che compie.
Lei, la sorella, il compagno della sorella, il suo stesso marito marinaio (bisessuale), nessuno riesce a vivere la sessualità in modo "pulito" e sereno.
Ma del resto questo è un film corporale, e molto fisico, non solo nel sesso, anche nelle ripetute botte, per scherzo o no, che si danno i protagonisti.
Ma è anche un film sull'attesa, sull'accumulo, un thriller che piano piano, lo senti, deve portare all'esplosione di cui parla il titolo.
Una pellicola piena di scene bellissime (la discoteca, il suicidio della madre, il primissimo piano di lei sull'inseguimento della polizia), di montaggi alternati francamente inspiegabili (per non annoiare non li cito), di sofferenza, ma non tanto di sofferenza subita, quanto di saper generare sofferenza sugli altri.
E alla fine l'esplosione c'è.
Non sarà niente di atomico, niente di spettacolare.
Sarà un fuoco, sarà un pestaggio, sarà una fuga.
Saranno vite cambiate per sempre.
Ma, forse, non tutte in peggio.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta