Regia di Syllas Tzoumerkas vedi scheda film
Così è la vita. In una giornata che il mondo del cinema avrebbe preferito evitare, con la morte del mai troppo compianto Robin Williams associata alla notizia del mancato arrivo a Locarno di Roman Polanski, "costretto" a rinunciare all'invito degli organizzatori per far tacere le polemiche innescate dalla sua eventuale presenza, dispiace constatare l'opportunismo di molte testate giornalistiche, pronte a riaccendere la spina sulla materia cinematografica solo in occasione degli eventi più dolorosi. Perchè se la coerenza fosse il principio discriminante nella scelta dei soggetti più interessanti, non c'è dubbio che un opera come "A Blast", del regista greco Syllas Tzoumerkas, con la sua bruciante attualità, dovrebbe occupare le prime pagine dei giornali. Il film infatti affonda il coltello nella ferite della "questione" greca, raccontando la storia di una crisi familiare in cui pubblico e privato si confondono in un malessere esistenziale che diventa tragedia, quando Maria (Angeliki Papoulia, attrice feticcio di Yorgos Lanthimos,) moglie e madre di tre figli e i suoi famigliari, devono affrontare il dissesto finanziario dell'azienda, coperta di debiti a causa del mancato pagamento delle tasse. Una scoperta improvvisa, che spezza il delicato equilibrio psicologico della donna, prostrata dalla lontananza del marito, imbarcato per motivi di lavoro, e condizionata da un'attitudine esistenziale, inquieta e insoddisfatta.
Partendo dal titolo che, anticipando il doppio binario - politico e psicologico - in cui si muove il film, fa riferimento ai disordini sociali scoppiati all'indomani della bancarotta del paese, e insieme all'esplosione di rabbia che da un certo punto in poi caratterizza i rapporti tra i vari personaggi, "A Blast" conferma la tendenza del cinema greco a interiorizzare gli avvenimenti contemporanei, rileggendoli attraverso i comportamenti di nuclei umani ristretti e oppressi all'interno di spazi, geografici e psicologici, claustrofobici. Anche in questo caso infatti la realtà storica rimane per lo più fuori campo (anche se in maniera meno esplicita rispetto a esempi precedenti),con i tumulti e le contraddizioni che emergono tra le righe di un tessuto umano instabile, e macchiato fin dal principio da un peccato originale che risale, guarda caso, a precise responsabilità genitoriali. Senza voler spingere troppo in direzione di una metafora sin troppo scontata, che fa dell'istituzione famigliare l'equivalente della comunità statuale, "Blast" ha il pregio di rimanere indipendente dalle riflessioni di cui si fa inevitabilmente carico, trovando nel contingente della sua storia la benzina per fare ardere l'animo dello spettatore.
Assecondando il deragliamento emotivo della protagonista, la struttura narrativa procede in maniera sincopata, e con inversioni temporali tra passato e presente che destabilizzano il pubblico, investito da un ego affamato d'esistenza. In analogia con i film dei colleghi che lo hanno preceduto (Lanthimos, Avranas)anche "A Blast" usa i corpi come fonte di rivolta utilizzando quello dei personaggi come terminale di una frustrazione che diventa ribellione da ogni convenzione. Da qui le caratteristiche di un'opera che porta l'Eros e Thanatos dell'amplesso amoroso all'interno di una pansessualità sfrenata e disinibita. In questo senso la scena nell'internet caffè, in cui Maria guarda video porno circondata dallo sguardo esterafatto della congrega maschile, è significativa di un individualismo sfrenato, che alla luce di quanto sembra dirci il regista, rimane l'unica forma di difesa nei confronti dell'orrore del tempo presente. Ci sarebbe da aggiungere che Tzoumerkas gira in maniera divina, con soluzioni che aprono le immagini a un senso che non si esaurisce in ciò che vediamo ma che scava nell'animo dello spettatore. "Blast" è un pugno nello stomaco che può servire a risvegliare la coscienze.
(pubblicata su ondacinema/speciale 67 Festival del film di Locarno)
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