Regia di Bonifacio Angius vedi scheda film
Sassari e l'entroterra, come una terra desolata, un luogo di nichilismo beckettiano, attraversato dalle figure, principali, di un padre e di un figlio. Vite soggiogate dalla cantilena della religione, che prima, scopriamo, si portò via la madre/moglie in una progressiva pazzia di beatitudini celesti e, poi, serve ai due sopravvissuti, chi per ripulirgli la testa, il padre, e chi per un rimando a Gesù e al Diavolo, al bene e al male, che, Angius, fa collimare e ribalta. Una storia poca, di solitudini enormi, di incomunicabilità, di un padre che solo dopo la morte della moglie si accorge del figlio, disperatamente tardo, amorfo, imprigionato in una società, che è poi bigino di quella italiana, che nulla gli concede, nulla offre. Angius riprende il tutto con una forza formidabile e un'eccezionale bravura, con spietatezza pedina soprattutto Angelino, il figlio, rimarcandone tutta la pochezza, al limite della malattia mentale. E' attorno a lui che si muovono gli altri, piccole figure già morte, scarti sociali abbandonati in una terra che appare ancora selvaggia e primordiale. Solo il padre, un bravissimo Mario Olivieri, pur sentendo la morte avvicinarsi, pare il più vivo, quello con più sogni, seppure senili e già scaduti. Tutto, ovviamente, crollerà, in una realtà che supera i sermoni e tutti gli dei del Cielo e che comunemente si chiama vita. Un film duro e poco incline a farsi piacere, un film d'ottima fattura, che necessita di una certa predisposizione. Quel Cinema italiano nascosto che spinge, ancora, il sangue nelle vene. Per fortuna.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta