Espandi menu
cerca
La tenda rossa

Regia di Michail K. Kalatozov vedi scheda film

Recensioni

L'autore

maso

maso

Iscritto dall'11 giugno 2009 Vai al suo profilo
  • Seguaci 178
  • Post 3
  • Recensioni 840
  • Playlist 186
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi
Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La tenda rossa

di maso
10 stelle

 Risultati immagini per red tent kalatozov

 

Poderosa prova di Kalatazov che riuscì nell'impresa di impressionare sulla pellicola la tragedia del dirigibile Italia che in un'epoca di avventurose esplorazioni verso i poli appassionò il mondo per l'esito drammatico dei tanti personaggi che la hanno vissuta.

La realizzazione fu molto articolata e difficoltosa, coinvolse produttori russi e italiani oltre ad attori di grande spessore e due grandi compositori per la colonna sonora.

E' proprio questa insieme alla lunghezza la discriminante per le due versioni in circolazione: quella in lingua italiana molto sforbiciata e con la musica bellissima di Morricone e quella russa più lunga oltre mezz'ora con la musica immensa di Alexandr Zatespin, già perchè se la partitura di Morricone colpisce quella di Zatespin è qualcosa che va oltra la sfera celeste e purtroppo non ho mai visto questa versione ma ho solo potuto ammirare qualche sequenza caricata sul tubo e godere di tutto ciò oltre che scoprire la gravità delle azioni dei produttori italiani capaci di privare il film di immagini importantissime della lunga agonia del personaggio più tragico della storia ovvero Finn Malmgren.

Va ricercato proprio qui il pomo della discordia dato che in Italia questo film non è ricordato come meriterebbe: per ciò che racconta e per quello che vale mentre in Russia è considerato un capolavoro assoluto, giustamente a mio avviso.

La mia valutazione è quindi sulla versione Russa, completa e con la musica indimenticabile di Alexandr Zatespin.

La Tenda rossa è un dramma epico in cui rivivono tanti personaggi ma la sceneggiatura non affronta la storia direttamente, gli avvenimenti riemergono come congelati dalla mente di Umberto Nobile che ormai anziano è tormentato dai dubbi e i rimorsi sulle sue responsabilità riguardo le decisioni e le azioni compiute durante i giorni sulla calotta polare artica.

Uno squarcio di luce illumina il Colosseo mentre Peter Finch con il suo viso magnetico lo osserva dal terrazzo del suo appartamento: è lui il Generale Nobile e se tanto mi piace questo personaggio stragodo nel vederlo rivivere nelle sembianze di questo attore che stimo tantissimo è ho apprezzato immensamente in "Domenica maledetta Domenica" e "Network".

Finch aveva una mimica facciale incredibile e il ruolo gli va come un guanto, oscilla fra l'autoritario e il disperato, passando per un timido umorismo e un forte risentimento, insomma Peter Finch in questo ruolo mi piace da morire.

Il suo tetro salotto viene poco a poco popolato dai fantasmi del passato, alcuni probabilmente vivi ed altri sicuramente morti nel nome della scienza e della conquista.

Umberto Nobile aveva partecipato con Amundsen alla conquista del Polo Nord a bordo del dirigibile Norge, ma senza toccare terra con la navicella avevano sorvolato il punto immaginario per poi approdare in Alaska.

Nobile riorganizzò l'impresa con il gemello del Norge, l'Italia appunto, con l'intenzione di atterrare sulla calotta polare artica e compiere rilevamenti scientifici ma il destino in agguato scrisse tutt'altra storia che parte dalla Baia dei Re nelle isole Svallbard.

Le bianche superfici della Norvegia apparecchiano la tavola per l’inizio dell’impresa e la sottotrama dedicata alla storia d’amore fra l’infermiera Valeria e il metereologo svedese Finn Malmgren che come detto è un personaggio terribilmente tragico nell’economia del racconto ma la sceneggiatura salta colpevolmente alcuni aspetti delle sue azioni soffermandosi maggiormente sull’idillio che per quanto si rileva dagli scritti di Nobile è parzialmente confermato visto che nei giorni di ghiaccio da lui vissuti il suo pensiero numero uno era per la fidanzata di cui non si sa molto.

La produzione colse comunque la palla al balzo inserendo il personaggio femminile della bella Claudia Cardinale per più di una ragione: obblighi contrattuali e una love story da srotolare sul viso di una star internazionale come era al tempo la Cardinale e far si che il richiamo del film non fosse solo limitato ad un resoconto sui fatti accaduti.

Queste forzature causarono una certa confusione nella stesura dello script, il film in questi passaggi zoppica un po’ ma è comunque bello poter respirare atmosfere da dottor Zivago nelle scene in cui Edward Marzevic e la Claudia nazionale vivono la loro disperata storia d’amore.

Il giovane attore georgiano si trovò d’improvviso circondato da un folto gruppo di star europee per quello che rimarrà il suo ruolo più importante, ed è comunque da applaudire per come risolve la scena della tomba di ghiaccio che insieme a quella dello schianto del dirigibile sul pak rimane sicuramente la più drammatica per quanto ben resa dall’alternanza perfetta dei frames all’interno della navicella e i modellini usati per gli esterni del dirigibile.

Il grosso del film è infatti la lunga agonia dei superstiti dell’Italia che assistono impietriti alla raggelante immagine della carcassa dell’aeromobile con i 6 restanti membri dell’equipaggio imprigionati al suo interno mentre viene letteralmente risucchiata dal polo nord in una inquadratura geniale di Kalatazov che ha probabilmente montato a dovere la sua mdp su un oggetto volante imprecisato dando allo spettatore la prospettiva dei membri della spedizione di cui non si seppe più nulla.

La scena chiave del film è quindi risolta da regista con più di una finezza e un notevole crescendo drammatico che doveva però culminare con una crisi di panico e morte subitanea di Malmgren: la leggenda narra che fu proprio lui a sbagliare la previsione che la bufera che stavano attraversando sarebbe svanita di li a poco, per questo l’esploratore svedese visse malissimo l’improvvisa emergenza sentendosi responsabile del disastro oltre a non credere che i sopravvissuti avessero la benché minima chance di tornare a casa sani e salvi.

La moltiplicazione dei luoghi d’azione procede di pari passo con gli echi dei fantasmi che circondano Nobile: al comandante della nave appoggio Milano che dette da subito per scontato che nessuno fosse sopravvissuto all’impatto con la calotta polare artica e venne a posteriori stigmatizzato da Nobile per la sua negligenza, la Baia dei Re dove si organizzano i soccorsi ed emerge il personaggio contraddittorio dell’aviatore Lungborg che sembra schernire Malmgren e il suo tragico destino di martire dei ghiacci, la figura carismatica di Amundsen affidato a Sean Connery che va in soccorso del suo vecchio amico per scomparire a sua volta nel nulla, proprio qui c’è una interessante divagazione della trama che ci mostra una ipotesi poetica sul destino del mitico esploratore norvegese che come il suo vicino svedese amava la purezza dei ghiacci e per un destino beffardo ne rimase vittima.

I paesaggi naturali scelti da Kalatazov fanno da lenzuolo ai tantissimi primi piani anamorfici che il regista concede al gruppetto dei nove superstiti fra momenti di speranza ed estremo sconforto: l’uccisione dell’orso polare e il ripristino della radio sono attimi di sollievo e fiducia mentre i vani SOS del marconista Biagi conducono al momento straziante della partenza di un gruppetto di tre uomini che stanchi di attendere la morte decidono di incamminarsi verso un'isola avvistata fra le nebbie artiche.

Il contrasto fra Nobile e Zappi sull’affrontare il pak a piedi e in pratica senza equipaggiamento fu motivo di pesante critica e onta per il generale che a quanto pare sconsigliò al suo secondo di separarsi dal gruppo in una impresa suicida, il suo ordine di restare fu tassativo ma non venne raccolto da Zappi che insieme a Mariano e a Malmgren si incamminò verso l’ignoto, anche qui il film non riporta la frase storica con cui l’esploratore svedese salutò Nobile: “Both parties will die” , che tradotto suona come “Entrambi i gruppi non avranno scampo”.

Un ulteriore luogo d’azione si allinea a gli altri già elencati, il deserto di ghiaccio dove i tre disperati personaggi vivono una lenta agonia girovagando in circolo per giorni e giorni a meno 40 gradi quando fa caldo finchè un SOS di Biagi viene finalmente colto per puro caso da un radio amatore russo, anche qui Kalatazov da prova di grande fantasia nella costruzione narrativa seguendo il filo della richiesta d’aiuto fino al suo recettore con un falso piano sequenza montato ad arte.

Tutti si precipitano in soccorso e proprio i russi compirono l’impresa: dapprima Lungborg conduce in salvo con il suo aereo il generale Umberto Nobile che anche per questo motivo verrà massacrato dall'opnione pubblica visto che il capitano deve essere messo in salvo per ultimo, alcune motivazioni sembrano plausibili ma spetta al fantasma di Amundsen riferire che l’umano desiderio di Nobile di scaldarsi le membra rotte e infreddolite in una tinozza d’acqua calda va al di sopra di ogni suo nobile (è proprio il termine giusto in questo caso) ideale di organizzare al meglio i soccorsi.

C’è ancora spazio per vedere un giovane Nikita Mikhalkov, futuro regista di successo, avvistare Zappi e Mariano congelati sul pak quando Malmgren si era già fermato: stremato e ferito ad una spalla si lasciò morire solo come un cane in una nicchia di ghiaccio scolpita da Zappi, una sequenza straziante che la versione italiana mostra vergognosamente a pezzi e bocconi mentre in quella russa è intatta in tutto il suo splendore drammatico ed emotivo.

Rimane l’ultima impresa da compiere, quella del rompighiaccio Krassin che stabilì un record di navigazione per raggiungere la tenda rossa e i restanti occupanti allo stremo delle forze dopo che il ghiaccio sottostante il loro rifugio si era già aperto costringendoli a spostare la tenda e allungare la speranza: l’arrivo del rompighiaccio è fissato nei volti dei disperati esploratori che avevano a quel punto trascorso ben 48 giorni sul pak, Kalatazov ci da dentro con dei primi piani strettissimi e sghembi sui volti di quegli uomini stremati, congelati, affamati ma finalmente consci di averla scampata al contrario di tanti altri che nella vicenda non riuscirono a salvarsi, primo fra tutti Amundsen del quale non si seppe mai nulla ma ancora una volta la fantasia e il dramma emergono dall’opera monumentale di Kalatazov che ci riferisce come detto una ipotesi infondata e romantica, ovvero che Amundsen e il suo pilota francese avvistarono la carcassa dell’Italia volata via con i corpi senza vita dei sei restanti membri dell’equipaggio ma nel tentativo di atterraggio si schiantarono e Amundsen rimase solo senza radio e senza fuoco in quella tomba di lamiere ghiaccio e tela in attesa della morte.

 

 The Red Tent

Sean Connery è Roald Amundsen in una immagine che rappresenta quello che forse fu il suo destino

 

Recensione numero 700 del Maso dedicata ad un film che amo molto e che spero di vedere un giorno nella versione in lingua russa, idioma che non parlo ma chi se ne frega l’argomento lo conosco e lo capirei lo stesso.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati