Regia di John Farrow vedi scheda film
Un tirannico editore, ossessionato dal tempo (orologi campeggiano per tutto il palazzo, e The big clock è il titolo originale), uccide l’amante che intendeva ricattarlo e incarica il direttore di una sua rivista, specialista nel trovare le persone, di catturare il colpevole prima della polizia. Non sa che lui aveva passato la sera prima insieme alla donna (in modo innocente) e che vari testimoni lo hanno visto, così come lui non sa che l’assassino è l’editore: quindi conduce indagini a un livello ufficiale, cercando di rallentarle, e a un livello ufficioso, raccogliendo prove che lo scagionino. Tensione sempre più incalzante, scandita dallo scorrere delle lancette, e scioglimento finale un po’ brusco. Come thriller non è affatto male, però le potenzialità andavano sfruttate meglio: l’intreccio può essere accostato solo esteriormente a quelli di Hitchcock, e manca “una vera visione morale, come in Lang o in Losey” (Mereghetti); forse, diretto da un altro, poteva essere un capolavoro. Laughton troneggia in un ruolo da cattivo senza remissione; Milland ha la faccia normale, che in questo caso è un pregio; la O’Sullivan, moglie del regista, torna al cinema a sei anni di distanza dal suo ultimo Tarzan.
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