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Fair Play - Giocare secondo le regole ha sempre un prezzo

Regia di Andrea Sedlácková vedi scheda film

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La recensione su Fair Play - Giocare secondo le regole ha sempre un prezzo

di OGM
7 stelle

Vincere a tutti i costi. Per mezzo del doping. Per via della rabbia. Anna Moravcova deve correre. Per onorare il socialismo, secondo il suo allenatore. Per assicurarsi un futuro migliore, secondo sua madre. Nella Cecoslovacchia dei primi anni ottanta le scelte sono obbligate, oppure impossibili. I ricatti del potere interferiscono con i sentimenti umani, inducono al tradimento, corrompono le coscienze. Non si è nemmeno più liberi di amare la propria figlia, il proprio amico del cuore, il ragazzo che ci fa battere il cuore. Per Anna esiste solo l’imperativo di aumentare le proprie prestazioni, anche contro i suoi desideri, con strumenti illegali e pericolosi, che mettono a repentaglio la sua femminilità, la sua salute. Nei Paesi d’oltrecortina si usava così: atlete bombardate di ormoni ed anabolizzanti, in nome di un’ideologia dovevano dimenticarsi di essere donne. Si poteva decidere di non stare al gioco, ma il prezzo da pagare era altissimo. Anna ci prova, pur avendo tutti contro, a cominciare dalla sua stessa madre -  ex tennista abbandonata dal marito, ed ora addetta alle pulizie -  che in lei ha riposto tutte le sue speranze di riscatto. Questa è la storia di un sogno che fa a pugni con una realtà ostile e repressiva, incentrata sull’omologazione, nemica dell’individuo. In un mondo come questo non esiste la realizzazione personale, ma solo il soddisfacimento di esigenze aliene, imposte dall’alto, che non ammettono alternative praticabili, almeno non per chi intenda restare nel solco della normalità. Per sottrarsi a quegli imperativi bisogna scappare, darsi alla clandestinità, scassinando di soppiatto la serratura della porta. Le persone che  circondano Anna non fanno che parlarne, alcune hanno già messo in atto il loro progetto di fuga o dissidenza: l’idea di evadere, in qualche modo, è un’ossessione onnipresente, che però stenta a prendere una forma concreta. I contorni di quel pensiero sono perlopiù confusi dall’esitazione, dall’ambiguità, dalla paura dell’ignoto, non ultimo da una discreta dose di vigliaccheria. E poi è  difficile sapere cosa ci sia davvero, al di là del muro. Se valga la pena di rischiare la vita per provare ad ottenerlo. Se ciò che si vuole si trova realmente altrove, nell’universo proibito dove tutto sembra concesso, e dove  regna una felicità diversa e totalmente sconosciuta. Anna è forse sì tentata di unirsi agli incerti cultori di quella utopia, ma è soprattutto solidamente attaccata alle sue origini, a quel paese a cui appartiene, e che vorrebbe servire in maniera lecita, restando in armonia con se stessa, inseguendo una meta in cui i suoi interessi coincidono con quelli della sua patria. La sua avventura è il doloroso percorso di una scoperta, una tormentata esplorazione dei limiti oggettivi di quel proposito.  Per lei si tratta di vincoli, non di dilemmi: la sua strada è infatti segnata da altri, che di fatto la comandano, soprattutto ricorrendo alla menzogna e all’inganno. Prima di potersi ribellare, Anna deve prendere coscienza di quanto sia effettivamente  condizionata, schiava, prigioniera di un sistema che non si ferma davanti a niente, che entra nelle case, nelle famiglie, che viola subdolamente l’intimità fisica ed affettiva di ognuno. Per chi sta dentro a quella gabbia, soprattutto per i più giovani e inesperti, non è affatto ovvio rendersene conto: un dato che noi osservatori esterni, in Occidente, forse non abbiamo tenuto nella dovuta considerazione. E sul quale ancor oggi, forse, a distanza di trent’anni, in un’Europa che ha cambiato volto, è comunque importante tornare a riflettere.

 

Fair Play ha concorso, come rappresentante della Repubblica Ceca, al premio Oscar 2015 per il miglior film straniero. 

 

Judit Bárdos

Fair Play (2014): Judit Bárdos

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