Regia di David Lean vedi scheda film
CICLO - IL CINEMA DELLA SOLITUDINE SENTIMENTALE - INCEL, FEMCEL ED ALTRI SOFFERENTI PER AMORE
1# L'EREDITIERA DI WILLIAM WYLER (1949): LA PRIMA FEMCEL //www.filmtv.it/film/15910/l-ereditiera/recensioni/938289/
2# NESSUNO MI SALVERA' DI EDWARD DMYTRYK (1952): LA SALUTE MENTALE NEGATA //www.filmtv.it/film/31968/nessuno-mi-salvera/recensioni/1050847/#rfr:user-96297
3# MARTY - VITA DI UN TIMIDO DI DILBERT MANN (1955): L'ORIGINE DELL'INCEL E DELLA FEMCEL //www.filmtv.it/film/4184/marty-vita-di-un-timido/recensioni/1051519/#rfr:user-96297
4# TEMPO D'ESTATE DI DAVID LEAN (1955): L'AMORE AI TEMPI DELLA GARDENIA
"Non più giovanissima, leggermente inacidita dalla propria condizione di zitella, l'americana Jane Hudson arriva a Venezia per passarvi un periodo di ferie. Affascinata dalla bellezza della città, Jane finisce anche col cedere alla corte spietata di Renato, un antiquario galante".
Il successo di pubblico e critica di “Vacanze Romane” del regista William Wyler (1953), aprì l’Italia a uno sguardo cinematografico straniero, con numerose pellicole ambientate a Roma e al contempo in altre location storiche del Bel Paese, il più lesto di tutti ad approfittare della nascita di tale fenomeno fu Jean Negulesco tramite “Tre Soldi nella Fontana” (1954), giungendo addirittura ad una nomination agli oscar come miglior film.
Anche il cineasta David Lean, si unisce al filone, abbandonando per sempre i set inglesi, a favore di un cinema ambientato e girato al di fuori della Gran Bretagna. “Tempo d’Estate” (1955), tratto dall’opera teatrale di Arthur Laurents, sfrutta il filone della straniera in vacanza in una località italiana, che vivrà la sua avventura romantica con un bel maschio italiano.
L’opera si apre e si chiude circolarmente, sull’inquadratura del treno. Simbolo di modernità, da sempre emanante un grande fascino nei confronti di Lean, capace di vedervi un mezzo capace di unire territori distanti in beve tempo. La velocità della moderna tecnologia, cozza con l’apertura alla stazione di Santa Lucia, che fa piombare la cinquantenne Jane Hudson (Katherine Hepburn), in un’altra epoca. Venezia, edificata letteralmente sull’inospitale laguna, emana attraverso i suoi edifici, le sue calle, i ponti e l’intramontabile piazza San Marco, una bellezza “mortale” agli occhi di un viaggiatore.
Lo sguardo di un turista straniero, raccoglie al contempo una serie di stereotipi, rozzamente cinematografici, quanto assai distanti dalla realtà.
La pensione Fiorini in cui soggiorna la protagonista, risulta di una grandezza sproporzionata rispetto alla veridicità dei migliori alberghi della città lagunare (infatti è una location costruita negli studios). Numerosi luoghi comuni si sprecano; gli italiani cantano a tutte le ore con una voce degna di una cantante lirica (la cameriera Giovanna), per Venezia ci si muove continuamente in gondola (eppure costa un sacco di soldi), la musica di Rossini suona ininterrotta, non esiste un prezzo fisso per gli oggetti in quanto si contratta per l’acquisto e infine la figura del bambino che fa da guida a Jane Hudson, - il ragazzino si chiama “Mauro”, ma in realtà il vero nome è “Ciro” !-, riflette un grossolano aggancio ai film neorealisti di Rossellini e Vittorio De Sica, in un contesto come quello della serenissima, assai differente da quello di Roma e Napoli (lo “scugnizzo” non ha neanche l’accento veneto). Ovviamente non può che mancare il più grande luogo comune tra tutti; l’Italia essendo vista come un paese “provinciale”, vede una routine di vita calma e quieta, quindi tutti gli italiani sono visti come persone sentimentali e perennemente presi dall’amore.
Tempo d'estate (1955): Katharine Hepburn
Da qui si materializza il più grande stereotipo di tutti; il latin lover italico Renato de Rossi, che qui assume le sembianze di Rossano Brazzi. L’attore in quel momento è il più grande volto autoctono riconoscibile all’estero, avendo preso parte a svariate produzioni estere di buon successo.
Prossimo ai 40 anni, Rossano Brazzi è un uomo affascinante; sguardo da cacciatore, molto alto, capelli ben curati, naso greco, mascella scolpita e vestito elegantemente. Al giorno d’oggi verrebbe etichettato per tali caratteristiche con l’appellativo di “Chad”; un maschio “Alpha” in cima alla piramide seduttiva, che sa come far cadere ai propri piedi una donna, qualsiasi comportamento assuma nei suoi confronti. Il suo ingresso in scena, avviene con una certa discrezione da parte della macchina da presa, che pur relegandolo in un angolo dell’immagine, finisce con l’attirare immediatamente l’attenzione dello spettatore. Il suo modo di fare risulta “aggressivo” e diretto, mirando subito lo sguardo sulle gambe scoperte di Jane Hudson, che accorgendosi di ciò reagisce con sentito imbarazzo, ma senza muovere alcun rimprovero nei confronti del comportamento indiscreto dell’uomo - anche perché gli perdonerà azioni ben più gravi -.
Il comportamento differente tra i due, deriva dal differente background sentimentale; di gran successo da parte del bel Renato de Rossi, decisamente inesistente quello di Jane Hudson.
La signora Fiorini (Isa Miranda), intuendo la situazione della donna oramai cinquantenne, la incoraggia sul fatto che “i miracoli possono accadere, ma talvolta bisogno di una spinta”.
Una frase di indubbia positività, ma un po’ retorica, in quanto subdolamente carica il peso del fallimento su soggetto incapace di riuscire a trovare una relazione, a scapito di un’analisi più profonda del perché del problema.
Tempo d'estate (1955): Katharine Hepburn, Rossano Brazzi
Jane è una donna abituatasi alla solitudine. Non viaggia mai in compagnia, né in patria sembra avere un gran circolo di amicizie, così come probabilmente da anni non prova a parlare con un uomo mostrando un interesse sentimentale nei suoi confronti.
Priva di legami, risulta attaccata ossessivamente alla sua macchina da presa, che funge da “occhio” ossessivamente sfruttato, nell’immortalare le varie tappe del viaggio - “questo è il quarto rullino che uso e non sono ancora arrivata a Venezia” afferma la donna -, senza vivere mai in prima persona il posto in cui vive. Sarà la videocamera, a mostrarle lo squallore della propria vita, riportandola in un’angoscia interiore, dovuta al fatto di vedere attorno a lei tutte coppie e coppiette mentre lei risulta perennemente sola.
Katherine Hepburn, coglie appieno i meccanismi psicologici di un solitudine, divenuta di fatto una invalidante socio-fobia, che le impedisce di vivere. Venezia è un’esperienza da condividere con qualcun altro accanto. Quando ne avrebbe l’occasione, la donna rifulge dagli inviti altrui oppure nasconde la sua triste condizione di “femcel”, cercando di far intendere di essere con altri. Un comportamento disadattivo, capace di salvare momentaneamente la propria dignità a scapito della sofferenza psicologica presente.
Venezia diventa testimone silente di un’anima continuamente errabonda, alla ricerca del proprio posto nel mondo. Un tuffo imbarazzante nella laguna, diventa quel miracolo invocato, incarnatasi nella figura dell’antiquario Renato de Rossi, capace di rompere l’afosa luce del Sole, per portare fugaci notti di passioni e divertimenti. David Lean adotta punti di vista dall’alto, per rompere con la monotonia architettonica della città e preannunciando il gusto per l’inquadratura panoramica, tipica delle opere successive, nel segmento ambientato a Murano, in cui il classicismo della distesa d’erba contribuisce a variare temporaneamente lo sfondo. “Tempo d’Estate” è un’opera con una doppia anima. Continuamente sospesa nella volontà di rifarsi al capolavoro degli anni quaranta “Breve Incontro” (1946), con un occhio in parte rivolto alla futura svolta kolossal. Una medietà nei fatti tradotta sia in una fotografia monocromatica poco interessante - Jack Hildyard non è Freddie Young -, sia in uno scandaglio psicologico adeguato nei personaggi, tutti abbozzati e relegati in maschere risapute.
Opera di transizione, che non ha il coraggio di spiccare il volo. Prigioniera di un passato ingombrante e incapace di abbracciare un’avvenire incerto. Come la stessa Jane Hudson, nella sua avventura amorosa di un’estate, destinata a non diventare mai stabile, seguendo il destino della gardenia portata via dall’acqua.
Tempo d'estate (1955): Katharine Hepburn, Rossano Brazzi
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Opinione perfettamente identica alla mia. Non aggiungo molto altro perché l'hai già spiegato bene tu, è uno dei film minori di David Lean che in futuro avrebbe fatto molto di meglio nel genere kolossal, la Hepburn comunque molto brava
Scusa non volevo dire che l'opinione è identica alla mia...solo che abbiamo espresso lo stesso parere. A scanso di equivoci
Di nulla ^^.
Tanto il film è quello ed i difetti quelli sono. Breve incontro non l'ho visto, qui di alla fine non posso fare raffronti, ma il film ha problemi a prescindere da tali raffronti.
Katherine Hepburn regge la baracca. Mario si sarebbe potuto chiamare Ciro, tanto...
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