Regia di Glenn Ficarra, John Requa vedi scheda film
Focus - Niente è come sembra ... Che forse i titolisti italiani abbiano voluto fare del velato sarcasmo, dacché in questo film, tristemente, tutto è come sembra? Ma no, fuor d'ogni arguzia, semplicemente ci hanno provato, come sempre, a buttarla in caciara, lasciando intendere chissà quale genialata.
Qui di geniale non c'è nulla, di interessante men che meno, di imprevedibile figurarsi: è davvero, tutto come sembra, dai personaggi alla storia ai risvolti romantici ai mirabolanti colpi di scena che intuisci dopo circa dieci secondi netti (tra gli altri, è patetico il raggiro ai danni dell'incallito scommettitore cinese, interpretato con fare goffamente macchiettistico dal BD Wong di Law & Order SVU), che vorrebbero tanto sembrare ingegnosi quando in realtà sono letteralmente ridicoli, affidati al caso.
La scrittura del caso, infatti, è la cifra stilistica di Requa e Picarra, registi e scneggiatori: i "piani ben riusciti" di Will Smith - svogliatissimo artista della truffa - si reggono su un'architettura esilissima, che tanto chiede (esige) in termini di verosimiglianza. Non si tratta di sospendere l'incredulità, quanto di stare al (loro) gioco delle assurdità: ovvero tutto è possibile, basta spiegarlo alla fine.
Di intrecci incredibili e coincidenze perlomeno esagerate era già imbevuta la precedente opera firmata dai due, Crazy Stupid Love; ma nella commedia con protagonisti Steve Carell, Ryan Gosling, Julianne Moore ed Emma Stone, la smaccata mission sentimentale, l'alchimia palese tra i personaggi, l'accumulo di gag e battute divertenti, permettevano un animo meno critico.
Invece in Focus - operetta che insegue la scia dei vari heist movie ad alto tasso di glamour sul modello di Ocean's Twelve (del quale è una brutta copia, che già l'originale è poca cosa) -, non funziona alcunché: l'impianto delle truffe pare pensato e gestito da dilettanti maldestri e con scarsissima fantasia, i ritmi singhiozzano come motori in panne (ruggiscono solo i toni soporiferi), i dialoghi non brillano per acume né per originalità, l'estetica fashion reclama istericamente attenzione, la storia si incarta tra scelte nonsense e strade mortifere (il magico mondo delle corse, sul serio?).
Soprattutto non hanno credibilità e spessore alcuno i personaggi, sorta di marionette robotiche di uno spettacolo asfittico, monodimensionale, deprimente. Inutile soffermarcisi: caratteri e percorsi personali sono disegnati così male, con così poca sostanza (e quella che c'è è interamente ricopiata da altri lavori) che manco un bambino con una matita senza punta potrebbe fare. Will Smith boccheggia, senza che sia capace di provocare un minimo di empatia (che schiatti o si riscatti e/o si sbatta la pupa non frega una beneamata banconota da un euro a nessuno), Margot Robbie (l'angelo/diavolo biondo da infarto in The Wolf of Wall Street) è costretta a stare in scena come fosse a una sfilata di moda, Rodrigo Santoro - in teoria pericolosissimo uomo d'affari criminosi - pure, mentre sul versante "simpatico" s'arrampica (usando unicamente battute volgari e la sua imponente massa corporea) il voluminoso Adrian Martinez.
Altro aspetto nient'affatto trascurabile: la sexy coppia Smith-Robbie manca di chimica; nemmeno un elemento della tavola: lei si connette a lui alla stessa maniera in cui si rapporterebbe a un pesce rosso.
Una disfatta totale, insomma; dal quale si salva in parte giusto il buon Gerald McRaney (di mestiere, e perché alla fine frega l'ingente malloppo al felice genio dell'inganno). Sprecatissimo poi Robert "Longmire" Taylor: faccia, modi e rudezza che andrebbero sfruttati molto, ma molto, meglio.
"Niente è come sembra" ... Ma dai.
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