Regia di Glenn Ficarra, John Requa vedi scheda film
“Le auguro buona fortuna, grazie” e l'altro “Ma con un amico come te a cosa serve?” ...e giù strette di mano e risate ironiche d'intesa che suggellano finte amicizie ed opportunismi in cui tutti tentano di fregare chi gli sta accanto, in uno scherzetto visto e rivisto di truffe ed imbrogli da giocolieri che non rendono certo onore ed originalità a questo manierato e piattissimo, patinato Focus.
Quanti giochini di parole, trucchetti ed inganni dove tutto è in realtà il suo contrario, e quindi la frittata si può girare e rigirare all'infinito che tanto ogni cosa resta possibile, eventuale, forzatamente e scioccamente plausibile.
La storia di un truffatore abilissimo che sgama una sua affascinante emula bionda dalla bellezza inarrivabile, innamorandosene e incrociandola nuovamente dopo una brusca ed infelice separazione, è la tenue fiammella che dovrebbe far esplodere la scintilla di un film-commedia-sofisticata (ma dove?) e glamour (ma per favore!!) dove i due loro malgrado si contendono le fortune di un riccastro affascinante , leader nella progettazione di apparati per vetture da corsa, finendo per riunirsi in un gioco a due, anzi a tre, dagli esiti scontati e risibili.
In bella vista una coppia di belli e fascinosi come Will Smith e Margot Robbie, fisici scolpiti l'uno e finemente intarsiati la seconda, dalle pelli che creano al contatto contrasti e chiaroscuri certamente gradevoli all'occhio, ma che risulta di fatto vuota e forzata in un incastro artificioso che non ha nulla di convincente né di naturale, ma solo una ragione meccanica e calcolata la cui amalgama risulta davvero forzata e di solo valore estrinseco, dunque inesorabilmente superficiale.
Siamo costretti a rimpiangere la coppia Clooney-Lopez del già poco accettabile, quasi tedioso Out of Sight, che tuttavia funzionava almeno a livello epidermico. Qui ci troviamo in zona dirupo, in stile Mr & Mrs Smith-versione apocrifa e da suicidio del fine gioiello hithcockiano d'altri tempi, solo che in quest'ultimo sciammannato remake almeno si celebrava la ostentata sontuosità della coppia "Brangelina", ovvero la più costruita e scenicamente artificiale del nuovo millennio; mentre qui di mettono assieme ancor più artificiosamente due attori belli anzi bellissimi, senza un costrutto narrativo che possa ritenersi minimamente accettabile.
I grandi sforzi per costruire una cornice sontuosa e chic, dove bellezza e perfezione di fattezze e linee si sforza di nascondere il vuoto inesorabile e devastante che si cela dietro la scorza debole sino all'inconsistenza, serve solo per una carrellata-spot di oggetti e gingilli di culto, siano essi Ferrari o anche più semplici ma sinuose coupé come la suadente Peugeot RCZ vermiglia del nostro eroe furfante, ma ovviamente gentiluomo; e ancora orologi inarrivabili, gioielli da sogno, ville da cinema (appunto...).
Una coppia di registi, Ficarra e Requa, che ci aveva fatto divertire e ben sperare alla Quinzaine di Cannes oltre un lustro orsono con l'esilarante baluardo gay “I love you Philiph Morris”, naufraga qui nella banalità e nell'inutilità di una non-storia che inganna prima di tutti il pubblico pagante, che si fida ingenuo del bell'involucro per scoprire poco dopo al suo interno il vuoto più assoluto, quello che crea disamore e sfiducia per simili confezioni a tradimento o, ancor peggio, per un'arte in generale come è il cinema.
E se l'altrettanto bello e (ir)resistibile Rodrigo Santoro resta l'eterna promessa non mantenuta di un divismo che non esplode mai veramente, o anche e soprattutto la irrinunciabile icona gay dal tempo delle Termopili alla altrettanto roboante Formula Uno di oggi, l'unica nota positiva che fa meritare almeno una stella al brutto, insulso film che qui ci occupa, è la prova tenace e rimarchevole - da duro con ironia e polso della situazione - di un caratterista quasi sempre trascurato come l'ottimo Gerald Mc Raney: non che il suo personaggio (solo apparentemente di contorno) risulti originale, né esente da una prevedibilità di evoluzione quasi disarmante, ma almeno si fa forte di un carattere fieramente scontroso che lo eleva sulla scontatezza e puerilità disarmante di tutti gli altri, nessuno escluso.
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