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Ma ma

Regia di Julio Medem vedi scheda film

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La recensione su Ma ma

di scapigliato
8 stelle

Finalmente qualcuno si è accorto che il cinema di qualità non è solo francese, tedesco, ucraino, serbo o cecoslovacco. In Europa il cinema più vivo, sanguigno e diverso è quello spagnolo. Lo dimostra nuovamente ma ma di un autore tra i più amati e criticati, forse fraintesi, del cinema spagnolo, Julio Medem.

Autore di titoli ormai classici del grande cinema spagnolo della Transición, come Vacas (1992), Gli amanti del circolo polare (1998) e Lucía y el sexo (2001), Medem ha da sempre combattuto esteticamente ed eticamente contro il puro realismo, cifra intellettuale per definizione della Spagna dell’otto e del novecento, un po’ come la nostra sgangherata Italia, preferendovi un linguaggio onirico, mezzo favolistico, sconfinante in quella che è una delle migliori espressioni poetiche della cultura ispana, ovvero il realismo magico, non più appannaggio del solo Sudamerica.

Anche in ma ma, Julio Medem si approccia alla realità delle cose attraverso uno sguardo pseudo-fantastico, fatto di snodi narrativi estremamente melodrammatici e tra essi legati e intessuti da una visionarietà barocca alla Almodóvar. Senza lo stesso coté pop di don Pedro, Julio Medem trasforma il calvario di Magda, Penélope Cruz che ha voluto fortemente produrre e interpretare il film, in una mistica potente che, come Magda contro la malattia, combatte strenuamente contro i codici del realismo, trasfigurando la realtà in un impeto di simboli e di passioni.

Coerente con il suo trascorso cinematografico, Julio Medem, firma un dramma a tinte forti, a tratti anche ricattatorio, ma sincero e potente, avvalendosi di un cast prezioso quanto efficace: oltre a Penélope Cruz, anche Luis Tosar, Axier Etxeandía e il giovane Teo Planell, figlio di Magda, rappresentante perfetto di tutti i caratteri biologici del preadolescente che innescano, forse, le meccaniche dell’istanza narrativa. Sembra di vedere il film, più che con gli occhi di Magda, con quelli del figlio. Che forse lo spettatore debba convertirsi in un ragazzino che deve affrontare improvvisamente i duri colpi della vita?

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