Regia di Philippe Garrel vedi scheda film
Soffrire per l’umanità. Soprattutto per quella che si riconosce dentro di sé, e che si vede riflessa negli altri. È questo, forse, l’unico dolore che possa provare una creatura di origine celeste. Il Gesù di Philippe Garrel è il figlio di Dio che dal padre non ha ereditato il potere. È stato inviato sulla terra totalmente disarmato, rivestito di innocenza e quindi privo di ogni protezione contro il male. Neanche la sua parola possiede la forza necessaria a vincere il cinismo, la cattiveria, l’indifferenza. Il Messia rimane inascoltato. Nessuno lo riconosce come il Salvatore. Gira attraverso un mondo in cui risuonano gli scoppi delle bombe e le urla dei perseguitati, portando con sé un megafono di cui non riesce a servirsi. Bussa alle porte delle case e non gli viene aperto. La frustrazione lo trasformerà in un peccatore talmente debole da risultare imbelle perfino di fronte alle gioie dell’amore. Il Cristo non può portare la Rivelazione; almeno non per un certo cinema, che vuole rimanere eternamente in viaggio, e che non ammette punti d’arrivo. Per Garrel vivere significa continuare a cercare, e a perdersi. La meta non è niente altro che l’ideale irraggiungibile a cui commisurare la realtà, al fine di poterla giudicare imperfetta, incoerente, incomprensibile. Il nostro destino è contorcerci nelle sue contraddizioni fino a vederle sfumare, sfrondate dei loro dilemmi, e decidere di passare oltre, andando incontro ad un altro assurdo. In questo film Maria e la Maddalena sono la stessa persona. La vergine e la prostituta amano lo stesso uomo, che trattano entrambe per quello che è: un bambino insicuro, bisognoso di cure e di conforto, che non conosce il mondo e non può contare sull’aiuto di nessun altro. Sono loro, le donne fatte di carne, e che attraverso la carne realizzano la loro missione, l’unico punto di riferimento per un essere dall’aspetto esangue, orfano di una divinità che non pare in grado di poter accogliere. Il suo corpo scarno, coperto da un camice bianco, racchiude un’anima svuotata dall’impossibilità di stabilire un contatto col prossimo, di trasmettergli la propria verità, di provare a cambiarlo. Così anche Gesù rimane uguale. Nasce e muore restando identico a noi, del tutto incapace di fare la differenza. Come noi si sente solo ed abbandonato, e prova la sete, la rabbia, la paura. Non accade soltanto sulla croce, nell’istante estremo. Gesù sanguina e si sporca, fugge, prova a volare ma si ritrova a brancolare nel buio. Gesù è un’ombra. È il fantasma di ciò che vorrebbe essere. È un angelo caduto e ferito che non riesce più a soccorrere nemmeno se stesso. Il mondo si presenta anche per lui come una trappola, che ostruisce la visuale e complica i rapporti. Le lit de la vierge sceglie, a sostegno di questa tesi, il più illustre testimone possibile: l’Unto del Signore, che si ritrova inaspettatamente vittima del naufragio del senso, e della morte di ogni speranza.
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